Roma, la cura di 179 rotatorie ‘subappaltata’ ai cittadini, via al bando: il IX Municipio alza bandiera bianca

Roma non ce la fa a gestire il suo verde. Stavolta non si parla di grandi parchi o ville storiche, ma di 179 rotatorie, spartitraffico e aiuole che punteggiano il IX Municipio, cuore dell’Eur, del Torrino, della Magliana, della Laurentina e Cecchignola. Il Campidoglio e il IX Municipio hanno deciso di ‘scaricare’ il peso della manutenzione direttamente sui cittadini, con un avviso pubblico (senza scadenza, pubblicato il 26 agosto) che invita singoli, comitati e associazioni a prendersi cura delle aree verdi al posto dell’Amministrazione. Una scelta presentata come “collaborazione civica”. Ma che suona, politicamente parlando, come una resa: una bandiera bianca issata sul IX Municipio, mentre i romani dovranno farsi carico — operativamente — di un compito che spetterebbe alle istituzioni pubbliche.
Rotatorie di Roma, dal mutuo da 5 milioni al… ‘subappalto’
Ci aveva colpito, qualche mese fa, l’iniziativa della Giunta Gualtieri di accendere un mutuo da 5 milioni di euro, a carico dei romani, per curare le aiuole in centro, in vista degli eventi clou del Giubileo 2025. Un mutuo che pagheranno le prossime generazione per trent’anni.

Ma ci colpisce, in modo analogo, la formula adottata dal Campidoglio e il IX Municipio per le periferie, con i cosiddetti “patti di collaborazione”. Sulla carta, un progetto innovativo di cittadinanza attiva per curare il verde, patrimonio comune. Nella pratica, si tratta di una sottospecie di delega in bianco, di subappalto: i cittadini possono proporre progetti di manutenzione, indicare obiettivi, durata degli interventi e persino mettere mano al portafogli per sostenere le spese.
Nessun compenso previsto, nessun rimborso da parte del Comune. Solo l’onere di prendersi cura del verde che lo stesso Campidoglio ammette di non riuscire più a gestire.
Cura delle rotatorie ‘pulite’ e “colorate”, responsabilità di Roma scaricate
L’elenco delle aree da adottare è stato disegnato su una mappa, con colori che raccontano un mosaico di responsabilità frammentate. In rosso, le aree affidate al Municipio IX. In giallo, quelle del Consorzio T. P.. In blu, le zone sotto il Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana. In verde, le competenze della Città Metropolitana.
Un ‘arcobaleno burocratico‘ che forse confonde e disorienta. Alla fine, però, la sostanza non cambia: la “cura” tocca ai cittadini, che si troveranno a dover gestire non solo la manutenzione, ma anche la giungla di autorizzazioni necessarie a far partire un intervento.
Periferie dimenticate, cittadini di Roma supplenti nella cura delle rotatorie
Se nel centro storico i turisti vedono aiuole curate e giardini in ordine, con il mutuo che dovranno pagare i romani, in periferia lo scenario è opposto. Rotatorie invase dalle sterpaglie, spartitraffico abbandonati a sé stessi. È qui che il Campidoglio ha scelto una scorciatoia: ‘subappaltare‘ l’onore della manutenzione ai residenti, trasformando un diritto collettivo in un dovere individuale. In periferia, i cittadini diventano giardinieri volontari, costretti a supplire all’inefficienza cronica delle istituzioni. Qualcuno risponderà? Presto lo sapremo.
Costi nascosti e tempi infiniti
Il bando stabilisce che ogni proposta presentata sarà sottoposta a un’istruttoria di fattibilità entro 45 giorni, prorogabili a 60 in caso di più richieste sulla stessa area. Un labirinto di carte, pareri e prescrizioni che rischia di paralizzare anche i volontari più motivati.
Nel frattempo, le aree restano nel degrado. E mentre il Comune si lava le mani, i costi — dal taglio dell’erba all’acquisto di attrezzi — rischiano di ricadere sui cittadini. Chi vuole un quartiere vivibile deve pagarlo di tasca propria.
La capitale della delega
Il caso del IX Municipio è solo l’ennesima conferma di una tendenza ormai consolidata: Roma, incapace di garantire servizi essenziali, scarica le proprie responsabilità sui cittadini. È accaduto in passato con le buche, con i rifiuti e ora anche con il verde pubblico. Ogni volta, un bando che si presenta come innovazione sociale e si rivela invece un’ammissione di ‘impotenza amministrativa’.
Alla fine, resta un dato inconfutabile: sono sempre i romani a pagare. Pagano le tasse per un servizio che non ricevono e, se vogliono vivere in una città decorosa, devono pure rimboccarsi le maniche.
