Roma, l’associazione No Profit si ‘prende’ il Parco degli Acquedotti: ok di Campidoglio e Municipio VII

Roma, un accordo dal peso politico non indifferente è stato siglato nei giorni scorsi: il Parco degli Acquedotti, una delle aree verdi più suggestive e frequentate di Roma, entra ufficialmente sotto la gestione condivisa tra Campidoglio,a guida Gualtieri, il Municipio VII, guidato dal mini-sindaco Laddaga, e l’associazione civica No Profit Retake Roma, associazione No Profit. Un “Patto di collaborazione” che, dietro il linguaggio burocratico, cela una regia politica chiara: gestire il Parco a 360 gradi.
Il Parco degli Acquedotti di Roma passa in mano a Retake
Retake nasce come esperienza di volontariato spontaneo: cittadini armati di guanti e sacchi che ripuliscono strade e piazze. Ma negli anni l’associazione ha assunto un ruolo sempre più centrale, spesso spalleggiata da figure istituzionali politiche di primo piano del mondo politico, Gualtieri incluso. Oggi, con la firma di questo Patto tra Retake, Gualtieri e Laddaga, il passo ulteriore è compiuto: da semplici volontari a partner riconosciuti nella gestione di un bene comune tra i più preziosi della Capitale.

Il peso di Campidoglio e Municipio VII sull’accordo con l’associazione
Non si tratta solo di buona volontà civica. Il documento è stato blindato sia dal Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale che dal Municipio VII, il più popoloso della città. La giunta di Cinecittà, con il presidente Francesco Laddaga, ha approvato senza esitazioni la bozza, confermando la piena sintonia con il Campidoglio di Gualtieri e Alfonsi. Un passaggio che mostra come l’operazione abbia un sostegno politico trasversale del mondo dem, dal centro città fino ai territori. In pratica, l’amministrazione capitolina ha scelto di affidare pezzi cruciali della cura del verde pubblico a un’associazione privata, benché non lucrativa.
Un patrimonio unico messo in condivisione con l’associazione
Il Parco degli Acquedotti non è un giardino qualsiasi. Con i suoi archi maestosi e i resti archeologici, rappresenta una delle icone del paesaggio romano, parte integrante del Parco Regionale dell’Appia Antica. Non a caso la Costituzione lo tutela come patrimonio culturale e ambientale. Eppure, la gestione “condivisa” ora apre la porta a una presenza costante e organizzata di Retake: dalla raccolta dei rifiuti alla manutenzione delle panchine, fino all’utilizzo esclusivo di strutture interne come il Casalino Acea e la Cisterna, destinate a diventare magazzini operativi dell’associazione.
La partita della legittimazione durerà tre anni , fino al 2028
Il Patto, della durata di tre anni, prevede non solo la cura del verde ma anche attività culturali, campagne di sensibilizzazione, presidi nei giorni di maggiore afflusso e una fitta rete di collaborazioni con Ama, Polizia Locale e Servizio Giardini. Tutto a titolo gratuito, almeno sulla carta. Ma i rimborsi spese e le agevolazioni per materiali, attrezzature e locali sono garantiti dall’Ente Parco, che si farà carico di parte delle necessità operative. Una legittimazione forte, che pone Retake non più come semplice associazione di quartiere, ma come interlocutore stabile delle istituzioni.
Un modello destinato a replicarsi?
Il rischio – o l’opportunità, a seconda dei punti di vista – è che il modello del Parco degli Acquedotti diventi un precedente per altre aree verdi della città. Roma Capitale ha già approvato un Regolamento per la gestione condivisa dei beni comuni. Il Patto appena firmato potrebbe aprire la strada a una stagione di “privatizzazioni soft” mascherate da cittadinanza attiva? Come farà una associazione No Profit a gestire un parco immenso come quello di cui si parla a costo praticamente zero?
Domande aperte per Roma e i romani
Il confine politico resta sottile: da un lato l’indiscutibile beneficio della cura di spazi spesso abbandonati, dall’altro il rischio che la gestione del patrimonio pubblico finisca nelle mani di soggetti esterni, selezionati non tanto per meriti ma anche per vicinanze politiche. Il Parco degli Acquedotti diventa così il simbolo di una nuova stagione: quella in cui la manutenzione della città non è più solo compito delle istituzioni, ma anche di associazioni No Profit che si assumono pesi che paiono difficili da sostenere. Una scelta che promette risultati immediati, ma che solleva interrogativi profondi sul futuro governo dei beni comuni a Roma.
