Roma, l’ex marito non paga l’affitto: madre e figlia sfrattate da casa

Sfratto al Torrino

Un mobile messo di traverso davanti alla porta d’ingresso, le chiavi nella serratura. E il rumore assordante di chi con un ‘frullino’ sta cercando di entrare in casa, in quell’abitazione dove Lia e sua figlia hanno vissuto per anni. Quelle quattro mura che ieri mattina, dopo anni di sacrifici e ricordi, hanno dovuto lasciare: le due sono state sfrattate. Una storia lunga, fatta di ritardi e burocrazia lenta, con un epilogo non certo dei migliori perché Lia ha dovuto lasciare casa, lì dove ha vissuto per 27 anni. Lo sfratto, l’ennesimo di una lunga scia, a Roma, in un appartamento in via Deserto del Gobi 13, al Torrino.

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Due donne sfrattate di casa al Torrino, la storia

Lia, che da anni vive in quella casa, ha sempre pagato regolarmente gli affitti, poi ha dovuto fare i conti con la separazione. E con diversi problemi, che avrebbero portato all’accumulo di un debito. Lei avrebbe provato a sanarlo, ma invano. A raccontare la storia e a denunciare l’episodio il sindacato Asia-USB: ieri, durante lo sfratto, alcuni rappresentanti erano lì, in quella casa al fianco di Lia e sua figlia disoccupata. Le due disperate dentro l’abitazione, con il loro cane, che provano a ‘resistere’. Fuori la Polizia, una squadra di fabbri, veterinari, medici e avvocati per fare “irruzione”. Nonostante gli sforzi e il tentativo di mediazione da parte dell’amministrazione di Roma Capitale, come ha spiegato l’USB, l’Enpaia ha sfrattato le due.

L’ex marito non aveva pagato l’affitto a sua insaputa

“La donna, lavoratrice, separata, vive nell’alloggio dell’Enpaia da 27 anni insieme alla figlia disoccupata. Nel 2018 ha scoperto che il suo ex marito non aveva pagato l’affitto di casa. Si è dunque subito attivata per tentare di pagare la morosità, ma la proprietà stessa l’aveva rassicurata dicendole che esercitando l’opzione di acquisto la morosità sarebbe stata inglobata nel prezzo” – si legge in una nota. Eppure, qualcosa è andato storto. “L’acquisto non è andato a buon fine, ma non per colpa di Lia che era riuscita anche ad ottenere l’accensione di un mutuo. L’ente ha così iniziato la procedura di sfratto e a gennaio 2024 ha perfino ottenuto il pignoramento del conto corrente, sul quale viene mensilmente accreditato lo stipendio, creando gravi difficoltà alla famiglia rendendo di fatto impossibili sia le spese di sopravvivenza quotidiana, che il regolare pagamento del canone di locazione corrente”.

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La denuncia del sindacato

Restano la rabbia e l’indignazione dell’USB per quello che definiscono un “comportamento vessatorio messo in atto in una città in cui è stato approvato un Piano Strategico per l‘Abitar, in cui gli strumenti per evitare di arrivare a tanto sono ben presenti ed attivabili”.

“Un’attitudine da parte degli Enti a espellere il proprio inquilinato che abbiamo più volte denunciato. Un modello di gestione del tutto in antitesi ai principi di legge e di funzione sociale della proprietà, pubblica o privata che sia, prevista in Costituzione. Ma in particolare gli enti previdenziali hanno costituito il proprio patrimonio, oltre per garantire in futuro le pensioni degli iscritti, per svolgere una funzione di calmierazione del mercato della casa. A riprova di quanto sostenuto possiamo citare gli alloggi lasciati vuoti da anni dall’ente, indicatici dagli inquilini, nello stesso condomino in cui è stato eseguito lo sfratto” – spiegano.

A nulla, però, sembrerebbero essere serviti i tentativi di mediazione: Lia e sua figlia hanno dovuto chiudere la porta alle loro spalle. E hanno dovuto lasciare lì dentro i ricordi di una vita. Una vita fatta di sacrifici, di sforzi e di difficoltà.