Roma, liceo Giulio Cesare occupato dopo la “lista stupri”: studenti divisi
L’aula magna non basta più. Nemmeno le assemblee. Al liceo classico Giulio Cesare di Roma, gli studenti hanno scelto la strada dell’occupazione. Una decisione maturata dopo giorni di tensione, seguita alla comparsa della cosiddetta “lista stupri” nei bagni della scuola di corso Trieste, un episodio che ha spinto la Procura di Roma, insieme al Tribunale dei Minori, ad aprire un’inchiesta per istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Da questa mattina, l’istituto è nelle mani di studentesse e studenti che parlano apertamente di assenza di ascolto e di una distanza ormai insanabile con la dirigenza.
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Dalla lista stupri all’occupazione
La miccia si è accesa nei giorni scorsi, ma la scintilla decisiva è arrivata dopo l’assemblea straordinaria di ieri. Un confronto acceso, partecipato anche dal collegio docenti, che però – secondo gli studenti – non ha prodotto risposte concrete. Per gli occupanti, come spiegano nel documento politico da loro stilato, davanti a un atteggiamento giudicato indifferente da parte della dirigente scolastica, Paola Senesi, l’occupazione è diventata “l’unica opzione percorribile”.
Gli studenti accusano la presidenza di preoccuparsi più dell’immagine dell’istituto che di affrontare davvero il problema. Dopo l’emersione della lista, spiegano, la comunità scolastica si è mossa. Ma alle richieste di azioni strutturate, soprattutto sul fronte dell’educazione sessuo-affettiva e del rispetto, non sarebbero seguiti fatti concreti.
Educazione al rispetto, non iniziative di facciata
Al centro della protesta c’è la richiesta di un percorso educativo serio, capace di affrontare temi delicati senza limitarli a giornate simboliche. Quando sul sito della scuola è comparso un elenco di attività già svolte, gli occupanti lo hanno bollato come superficiale. Non basta, dicono, mettere insieme ciò che è stato fatto in passato: serve un programma organico, che formi “menti pensanti ed educate al rispetto”. Un’esigenza che nasce da un episodio grave, ma che guarda più lontano. Perché, spiegano gli studenti, il problema non è solo ciò che è successo, ma il modo in cui la scuola sceglie di rispondere.
Accanto alla questione della lista stupri, l’occupazione porta con sé anche altre rivendicazioni. Tra queste, la gestione dei viaggi d’istruzione. A novembre, raccontano gli studenti, sarebbe stato comunicato alle famiglie un periodo generico per le partenze delle classi terze, con una richiesta immediata di una caparra da 350 euro, senza date precise. Solo in un secondo momento sarebbero arrivate le ipotesi di viaggio, tra Monaco e Vienna, a gennaio. Una scelta che ha creato disagi economici e organizzativi, soprattutto per le famiglie degli studenti dell’ultimo anno. Tradizionalmente, spiegano, i viaggi si svolgono prima delle vacanze natalizie, per non interferire con la preparazione dell’esame di maturità. A complicare il quadro, anche la rinuncia di diversi docenti ad accompagnare le classi.
Fuori dal liceo, una scuola divisa
Davanti ai cancelli del Giulio Cesare, il clima è teso. C’è chi sostiene l’occupazione e chi la contesta. Viola, studentessa, parla di un problema ormai evidente: “Siamo passati al pentamestre e per l’ultimo anno i viaggi diventano un nodo serio”. Altri, invece, criticano quella che definiscono una risposta tardiva sul piano umano alla vicenda della lista stupri.
Due studentesse, entrambe all’ultimo anno, riconoscono che alcune ragioni della protesta sono fondate, soprattutto sul fronte dei costi elevati dei viaggi, che superano i 700 euro a persona, spesso senza servizi all’altezza della spesa. Anche tra i professori il fronte è spaccato: c’è chi invita al dialogo e chi sostiene che “non è questo il modo” di esprimere il dissenso. E ora la palla passa agli adulti. Perché dietro le porte chiuse del liceo non c’è solo una protesta, ma una richiesta precisa: essere ascoltati, davvero.