Roma, Matteo Orfini invoca il bis per Gualtieri: “Siamo comunità”. Ma rispondono solo (ex) renziani

Roma, avrebbe voluto e dovuto essere – per l’ex capo del PD di Roma Matteo Orfini, esponente della corrente super renziana del Partito Democratico – il momento del rilancio di un progetto politico condiviso, ampio, corale. Un momento di confronto tra politici per tracciare la rotta a sostegno del sindaco Roberto Gualtieri, in vista del bis, per le elezioni amministrative della primavera 2027. Ma l’incontro organizzato da Matteo Orfini allo Scout Center di via dello Scautismo, in zona Tiburtina, si è rivelato un flop politico clamoroso.
Pochi partecipanti, come mostrano le foto on line, quasi tutti riconducibili, per l’appunto, all’area ex renziana del Partito Democratico, anche detta dei Giovani Turchi. Inoltre, la parola centrale per lanciare l’evento — “comunità” — avrebbe dovuto evocare – per Orfini – inclusione, partecipazione e cittadinanza attiva. Ma la risposta è stata tutt’altro che collettiva e corale, ma piuttosto isolazionista e ‘cieca’, politicamente parlando. La ‘comunità’, a sostegno di Gualtieri, non si è vista, perchè semplicemente non c’era.

Matteo Orfini organizza una sala striminzita per il Gualtieri bis
A mancare difatti sono stati, prima di tutto, gli alleati di coalizione. Dov’erano le altre correnti del PD? I zingarettiani? I franceschiniani? Non pervenuti. Per non parlare, poi, dell’Alleanza Verdi e Sinistra. O, ancora peggio, del Movimento 5 Stelle. Un segnale chiaro di quanto sia fragile oggi il tessuto interno del Partito Democratico nella Capitale, dove le divisioni superano – forse – i progetti condivisi. L’evento ha mostrato, in soldoni, una delle contraddizioni più evidenti del centrosinistra romano: l’assenza di coesione. L’assenza di un programma condiviso. Univoco e unitario. Il sindaco Gualtieri era presente, certo, chiamato a raccontare i (presunti) risultati della sua amministrazione e le sfide future.

Il sindaco di Roma al centro, ma dove sono partito e coalizione?
Ma Roberto Gualtieri, pur portato al centro della scena politica da Orfini, continua a godere di poco consenso personale. In due anni e mezzo di mandato, dopo aver preso la guida di una città gravata da problemi strutturali: rifiuti, trasporti, urbanistica, non ha raccolto nemmeno un singolo risultato concreto e visibile. Nè nel breve nè, soprattutto, nel medio termine.
Tra l’altro, la sua candidatura bis rischia di essere ostacolata anche all’interno della sua stessa Giunta. Da Alessandro Onorato, assessore allo Sport di Roma, che – così si vocifera in Campidoglio – avrebbe velleità da primo cittadino e sarebbe intenzionato a ‘fargli le scarpe’, in senso politico, con parte del partito e della coalizione che sarebbe – sempre secondo rumors di Palazzo Senatorio – pronto a sostenerlo.
In ogni caso, tornando a Gualtieri, la sua amministrazione non suscita entusiasmo, prima di tutto perché è divisa per compartimenti stagni, come dimostra, in modo plastico, questa iniziativa politica che invoca la ‘Comunità’ pur rappresentando solo una corrente politica.
La “comunità” di Roma che non c’è: verso il 2026, ma in ordine rigorosamente sparso
L’effetto ottenuto da Orfini, in parole povere, si è rivelato quindi paradossale. Se l’intento dell’ex delfino di Renzi era costruire un senso di appartenenza e una visione condivisa per Roma, l’effetto ottenuto è stato l’opposto: isolamento, l’autoreferenzialità e soprattutto assenza di una regia politica capace di tenere insieme sensibilità e gruppi diversi.
La corsa al secondo mandato per Gualtieri parte dunque in salita. Il PD romano, attraversato da divisioni interne, non sembra pronto a unire le forze per una sfida che si annuncia tutt’altro che semplice. Con la coalizione che si mostra logorata e spaccata ancora prima che parta la lunga corsa elettorale. L’evento dello Scout Center, nato per lanciare un messaggio forte, ha invece evidenziato un vuoto di mobilitazione e di idee condivise. Un punto di partenza incerto per chi vuole governare una città complessa come Roma.
