Roma, maxi frode da 2,5 milioni nelle telecomunicazioni: arrestato imprenditore romano
Per anni ha maneggiato dati, reti e flussi digitali. Ora, secondo l’accusa, avrebbe manovrato anche fatture, crediti fiscalie IVA fantasma. La Guardia di Finanza di Roma ha arrestato O.T., imprenditore attivo da oltre trent’anni nel mondo della tecnologia e delle telecomunicazioni, accusato di aver orchestrato una maxi frode fiscale da oltre 2,5 milioni di euro. Per lui sono scattati i domiciliari, su ordine del Gip del Tribunale di Roma, al termine di un’indagine complessa coordinata dalla Procura capitolina.
L’inchiesta della Guardia di Finanza: il traffico telefonico fittizio
Secondo gli agenti del Nucleo di polizia economico-finanziaria, O.T. avrebbe ideato un sistema tanto sofisticato quanto redditizio: una finta intermediazione di traffico telefonico internazionale, il cosiddetto trading telefonico, utilizzata come schermo per generare crediti IVA inesistenti. Un meccanismo che avrebbe consentito a diverse società italiane di abbattere il carico fiscale compensando somme dovute all’Erario con crediti creati ad arte. Tutto ruotava attorno a un settore poco trasparente e altamente tecnico, dove i controlli sono più complessi e i margini di manovra, secondo l’accusa, enormi.
Il fulcro dell’operazione sarebbe stato l’utilizzo sistematico di tre piattaforme digitali, riconducibili a società di diritto irlandese legate allo stesso imprenditore. Piattaforme progettate, secondo l’impianto accusatorio, per simulare volumi elevatissimi di traffico telefonico, indirizzati in particolare verso lo Zambia. Numeri che, sulla carta, giustificavano fatturazioni milionarie. Nei fatti, però, qualcosa non tornava. In appena sei mesi del 2021 sarebbero state emesse fatture per oltre 7 milioni di euro, con 1,3 milioni di IVA, a fronte di un traffico che, secondo le verifiche, non trovava riscontro nei dati reali.
Società cartiere e crediti IVA fantasma
A smontare la costruzione contabile hanno contribuito anche i tecnici dell’Agcom, chiamati a verificare i dati. Il traffico dichiarato verso lo Zambia è risultato nettamente sproporzionato rispetto ai flussi reali certificati dall’autorità di regolazione locale, la Zicta, equivalente africana dell’Agcom. Un’anomalia troppo evidente per passare inosservata, che ha rafforzato l’impianto accusatorio.
Il sistema, secondo la ricostruzione investigativa, si reggeva su una rete di società cartiere italiane e di altre imprese con sede in diversi Paesi dell’Unione Europea. Le prime emettevano fatture con IVA che non veniva mai versata. Le seconde consentivano di far rientrare il giro come operazione intracomunitaria, generando crediti IVA poi utilizzati in compensazione. Grazie a un meccanismo di compensazione finanziaria automatica gestito dalle piattaforme, la società italiana riusciva a maturare crediti fiscali molto superiori ai pagamenti reali effettivamente sostenuti.
Il danno all’Erario
Il conto finale parla di un danno erariale superiore a 2,5 milioni di euro. Circa 1,3 milioni derivanti dall’IVA mai versata dalle società fittizie, altri 1,2 milioni ottenuti attraverso compensazioni indebite. In totale sono cinque gli indagati, tra cui due soggetti residenti tra Irlanda del Nord e Regno Unito. Le loro società, sempre secondo gli investigatori, avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti per oltre 60 milioni di euro in appena due anni.
Oltre all’arresto di O.T., è stata disposta una misura interdittiva nei confronti di P.M., amministratore della società che utilizzava le piattaforme e imprenditore noto nel settore dei call center, ritenuto coinvolto nel sistema fraudolento.