Roma, “Me piace proprio fa’ ‘o male”: le intercettazioni che hanno portato agli arresti

operazione carabinieri Roma

Blitz antidroga a Roma, emergono i dettagli che hanno portato all’arresto di 16 persone all’alba di oggi. Un clima di paura e violenza, confermato dalle intercettazioni. «Stai zitto e non provare a uscire». «Io so’ fissato co’ ’ste cose… me piace proprio fa’ ‘o male». Oppure: «Glie devo sparà in faccia, capito?». È il clima che emerge dalle carte dell’ordinanza che ha portato all’operazione di questa mattina: un mosaico di violenze, minacce, estorsioni, pestaggi e traffico di droga che, secondo gli inquirenti, ruotava intorno a una rete vicina ai clan Senese e Di Lauro.

I Carabinieri hanno eseguito alle prime luci dell’alba 16 misure cautelari in carcere, frutto di due anni di pedinamenti, microspie, appostamenti e intercettazioni. L’indagine ricostruisce un sistema criminale ramificato, tra piazze di spaccio, forniture di stupefacenti, armi e una serie di episodi violenti consumati tra Don BoscoMaglianaRoma nord e Ostia.

Minacce, armi e violenza gratuita

Il tono delle conversazioni captate dagli investigatori restituisce un ambiente violento, dove la legge era solo una: chi sbaglia paga, subito e con la forza. In una delle intercettazioni, un indagato ordina di «buttà a terra il cane», riferendosi non a un animale, ma a un uomo da punire per un presunto sgarro. In un’altra, la stessa persona rivendica la sua inclinazione alla violenza: «A me me piace fa’ ’o male». Il gruppo agiva con una gerarchia ben precisa. Al centro, figure già collegate a contesti criminali di spessore. Tra gli arrestati risultano soggetti che, secondo gli investigatori, «trattavano fucili e pistole come se fossero sigarette» e si muovevano con disinvoltura tra ambienti napoletani e romani, mantenendo un filo diretto con la galassia dei Di Lauro.

Le piazze della droga e i rapporti con la camorra

L’indagine ha documentato un flusso costante di cocainahashish e crack movimentato tra Roma e la Campania. Le conversazioni intercettate rivelano il ruolo centrale di alcuni fornitori e intermediari. In un passaggio significativo, un indagato parla dell’arrivo della “roba buona”, sottolineando che i contatti «so’ de Napoli, gente seria, nun se scherza». Il riferimento, secondo gli investigatori, sarebbe a un canale stabile con ambienti riconducibili ai Di Lauro, già noti per lo spaccio all’ingrosso.

L’ordinanza ricostruisce gli episodi di intimidazione. In una conversazione, un indagato arriva a prospettare l’uso delle armi. «Lo aspetto sotto casa, je sparo in faccia». In un’altra intercettazione emerge la pianificazione di un pestaggio contro un rivale che “aveva parlato troppo”. E per recuperare i soldi della droga uno degli indagati promette a un debitore: «Te rompo le gambe davanti a tutti».

Gli arrestati, i nomi che pesano: Ettore Abramo, l’erede di Diabolik, Angelo Senese e Kevin Di Napoli

Tra gli arrestati spiccano Angelo Senese, fratello di Michele, e Ettore Abramo, detto Pluto. Per anni Pluto sarebbe stata l’ombra più vicina di Fabrizio Piscitelli, il “Diabolik” degli Irriducibili, l’uomo che guidava la frangia ultrà biancoceleste e che teneva un piede ben saldo nel mondo criminale della Capitale. Abramo non sarebbe stato un semplice gregario: per molto tempo avrebbe occupato una posizione di rilievo nella galassia dei traffici romani, con il beneplacito e spesso con il supporto logistico del clan Senese. Una storia che torna ciclicamente nei corridoi investigativi: si mormora, senza che esista alcun riscontro giudiziario, che dietro l’omicidio di Piscitelli, ucciso il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, ci possa essere stato un regolamento di conti interno. Voci, appunto. Ma voci che indicano quanto fossero delicate le alleanze e i rapporti di forza.

A guidare il gruppo romano finito oggi in manette ci sarebbe stato proprio Pluto. Attorno a lui, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ci sarebbero figure note: Daniele Salvatori (detto “Bove”), Fabrizio ValerioSimone MastroianniAlessio Erbella, i fratelli Alvise e Leopoldo Cobianchi e diversi satelliti, tra cui il pugile Kevin Di Napoli, la cui palestra a Ostia era stata incendiata la scorsa estate. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato Abramo ad aver ordinato il sequestro di Salvatori, precipitato in una spirale di errori, debiti e provocazioni. L’“affronto” decisivo sarebbe stato l’orologio estorto a un uomo sotto la protezione del clan Di Lauro. Salvatori, fuori controllo e ormai ingestibile, sarebbe dovuto finire nelle mani dei Di Lauro come forma di “risarcimento”. A coordinare l’operazione, appunto, sarebbe stato Abramo.

Una banda radicata nel territorio, erede diretta dell’universo criminale che orbitava attorno a Piscitelli prima che l’inchiesta “Grande Raccordo Criminale” sgretolasse quella rete con arresti e sequestri. Dopo l’omicidio di Diabolik, l’unico ad aver provato a raccoglierne l’eredità sarebbe stato proprio Pluto, pur con un peso criminale molto più ridotto rispetto al suo predecessore. E non è un caso che il suo nome compaia anche nelle carte della vecchia indagine che segnò la fine del gruppo storico guidato da Piscitelli. In ogni caso, i soggetti indagati devono ritenersi presunti innocenti fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.