Roma, migranti ospitati (gratis) nelle case dei romani: Campidoglio stanzia 400mila € senza bando per un vincitore (senza concorrenti)
Roma, dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2028 l’idea del Campidoglio – guidato sul tema accoglienza dal sindaco Roberto Gualtieri e dall’assessore Barbara Funari – è tanto semplice quando ad alto impatto emotivo-elettorale. I romani potranno ospitare migranti in casa, nelle loro famiglie, ma a loro spese. In sostanza, vitto, alloggio, vestiario vario e tutto il necessario dovrà essere pagato, per intero, da chi ospita senza alcun rimborso.
Tutti i soldi stanziati dal Campidoglio per l”operazione accoglienza, difatti, verranno assegnati a una società risultata la vincitrice di una procedura negoziata, su invito, ma senza che vi sia stato un bando pubblico e, soprattutto, senza che nella procedura su invito si siano presentati concorrenti. Questa società dovrà occuparsi della formazione dei migranti. Ma proprio perché si parla di denaro pubblico, e di procedura senza bando nè concorrenti, la credibilità dell’intera operazione politica si misura, a nostro avviso, su un punto: la Trasparenza. E qui la storia si incrina decisamente.
Roma, cinque invitati, ma i nomi delle altre quattro società invitate non ci sono
Lo ripetiamo, chi inviterà i migranti in casa propria dovrà provvedere a tutte le spese di tasca sua. Tutti i soldi stanziati dal Campidoglio andranno, difatti, ad una società che si occuperà dell’inserimento sociale dei migranti La procedura di assegnazione dei soldi pubblici per l’accoglienza scelta dal Campidoglio è negoziata, come anzidetto: con cinque inviatati a chiamata, ma senza bando.
Il problema è politico prima ancora che amministrativo e giudiziario: dei cinque invitati previsti dalla legge nell’ambito della procedura scelta dal Campidoglio non si conoscono i nomi. Né sul sito istituzionale del Comune di Roma, né sul portale di gara (Tuttogare) compaiono i nominativi dei cinque operatori consultati. È “noto, stranoto e stra-citato” nelle carte del Campidoglio solo il nome del vincitore (al seguente link del Comune di Roma, portale Tuttogare, potrete consultare in prima persona quanto da noi sostenuto).
In una città sommersa dai debiti pregressi dove ogni euro speso “in nome del sociale” viene presentato come un investimento di civiltà, questa opacità produce l’effetto opposto. Alimenta polemiche, sfiducia. Perché se l’accoglienza è una bandiera, la Trasparenza dovrebbe essere il pennone del Campidoglio.
Il Codice degli Appalti: obbligo di pubblicare i nomi degli operatori consultati, la Trasparenza dove sta?
La legge italiana, nero su bianco, esiste ed è chiarissima. Nel Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36), articolo 50, comma 2, si stabilisce l’obbligo di rendere noti i nominativi degli operatori consultati nelle procedure senza bando ma ad invito, come quella scelta dal Campidoglio: “Le stazioni appaltanti pubblicano sul proprio sito istituzionale – riporta la legge – i nominativi degli operatori consultati nell’ambito delle procedure”.
Non è un vezzo da addetti ai lavori: serve a una cosa banalissima e democratica. Permettere ai cittadini di capire se la competizione è stata reale, se gli inviti sono stati equilibrati, se il Comune di Roma ha “aperto davvero le finestre dell’accoglienza” o ha semplicemente chiuso le tende lasciando filtrare solo il nome finale di una sola società. Tutto questo, serve a garantire – alla fine dei conti – un servizio migliore per i migranti in arrivo e un costo più basso da pagare per il Campidoglio. Del resto, il senso della legge per le procedure senza bando è uno: un solo invitato potrebbe tentare di fare la ‘parte del leone’ e pretendere più soldi del dovuto.
Pubblica utilità: sociale sì, ma senza Trasparenza non regge
Qui sta il punto politico. Si può discutere di accoglienza, di modelli di integrazione, di convivenza. Ma senza trasparenza vera sull’uso dei soldi pubblici il dibattito muore e resta solo tifo: chi applaude a prescindere e chi si indigna a prescindere. La pubblica utilità della vicenda, invece, è un’altra: se i soldi sono pubblici, l’informazione deve essere pubblica, fino in fondo. Altrimenti il Comune di Roma chiede ai romani di “metterci la casa” mentre lui non ci mette la chiarezza e la Trasparenza.
Gualtieri e Funari: l’accoglienza come messaggio, ma la trasparenza come prova non c’è
Il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessora alle Politiche Sociali Barbara Funari hanno costruito una parte importante del racconto di governo sulla capacità di Roma di tenere insieme inclusione e servizi, soprattutto sul fronte delle fragilità e dell’accoglienza. È una postura politica legittima — ed è anche un messaggio pensato per parlare a una capitale europea. Un messaggio lanciato, probabilmente, anche in vista della campagna elettorale romana attesa per la primavera 2027.
Ma proprio perché si tratta di una linea politica rivendicata, la coerenza si misura negli atti: se l’amministrazione presenta il progetto come “socialità”, allora deve accettare che la prima forma di socialità istituzionale sia rendere conto ai cittadini, senza zone grigie.
La domanda finale (semplice, da romani): i romani aprano le porta, il Campidoglio mostri le carte
Se la procedura dichiara cinque invitati, perché i cinque invitati non sono pubblici mentre il vincitore sì? E soprattutto: quanto vale, per il Campidoglio, la parola “fiducia” quando chiede ai romani di aprire le porte di casa?

