Roma, netturbini rubavano carburante dai mezzi Ama: condannati in cinque

Mezzi Ama con netturbini a lavoro a Roma

Per anni, sotto il naso dell’azienda e nel silenzio delle notti romane, cinque operatori ecologici dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti della Capitale, hanno sistematicamente svuotato i serbatoi dei furgoncini aziendali. Usavano una tecnica semplice ma efficace: il cosiddetto “risucchio”. In pochi minuti, i netturbini riuscivano a travasare il gasolio direttamente in taniche, fino a cinque per turno, pronte per essere rivendute al mercato nero.

I fatti contestati si sono svolti tra il 2017 e il 2020. Un’azione ripetuta, quotidiana, pianificata nei dettagli. Un furto su scala industriale che ha colpito al cuore un servizio essenziale come la raccolta dei rifiuti. Il carburante veniva poi smerciato a centri di autodemolizione al prezzo fisso di un euro al litro. In una sola notte, il guadagno illecito toccava i 100 euro a testa. La vicenda è stata riportata dal quotidiano La Repubblica.

Il pentimento che ha fatto partire le indagini

A svelare il sistema è stata la confessione di una collega, diventata testimone chiave dell’inchiesta. La donna, decisa a rompere il silenzio, ha raccontato agli inquirenti i dettagli del traffico interno all’azienda, indicando nomi, modalità e destinatari finali del carburante rubato. Le sue dichiarazioni hanno dato il via a una complessa indagine che ha coinvolto oltre venti operatori Ama.

Le intercettazioni ambientali e telefoniche, unite a una lunga attività di pedinamento, hanno poi confermato ogni sospetto. In alcune conversazioni captate, sono emersi aspetti ancora più gravi. Per coprire le sottrazioni di carburante e giustificare l’interruzione dei servizi, i netturbini avrebbero finto guasti meccanici ai mezzi. In alcuni casi, si sarebbe arrivati a danneggiare deliberatamente i veicoli. “Stiamo tagliando i fili dei freni”, si ascolta in una delle registrazioni, “così dico che è scattata la spia e mi fermo”.

Danno pubblico, condanne penali e contabili

Nel 2023 era arrivata la prima risposta della giustizia penale: i cinque hanno patteggiato pene fino a due anni e tre mesi per peculato. Ora, a distanza di mesi, è arrivata anche la sentenza della Corte dei Conti, che ha valutato l’entità del danno economico e d’immagine provocato alla municipalizzata romana.

Secondo i giudici contabili, il comportamento dei cinque ha causato un danno complessivo di 107mila euro. Una cifra che include sia il valore del carburante sottratto sia l’uso illecito delle carte carburante aziendali, oltre al danno derivante dal mancato svolgimento del servizio pubblico.

La sentenza, depositata il 12 maggio, conferma il quadro accusatorio. Le prove raccolte — intercettazioni, video, documenti scritti — lasciano poco spazio a dubbi. Tuttavia, le sanzioni economiche inflitte risultano più basse rispetto alle richieste iniziali. Quattro dei cinque imputati sono stati condannati in solido a risarcire 10mila euro per danno da disservizio e 6mila euro per danno d’immagine. Il quinto, ritenuto marginale, dovrà versare solo 1000 euro. Totale complessivo: 17mila euro.

Il prezzo dell’illegalità nel servizio pubblico

Al di là delle cifre, il danno più profondo resta quello inflitto alla fiducia dei cittadini nei confronti di un servizio già spesso sotto accusa per inefficienze e disservizi. Il comportamento di pochi ha infangato l’intera categoria, colpendo l’immagine di un’azienda che ogni giorno affronta le difficoltà di una città complessa come Roma.

La vicenda dei netturbini ladri di gasolio è solo l’ennesimo episodio che conferma quanto siano fragili i confini tra dovere pubblico e interesse personale, soprattutto quando a mancare sono i controlli, la trasparenza e il senso del bene comune.