Roma non dimentica Teodoro Buontempo e le sue barricate contro l’ingiustizia

Sono già nove anni che Teodoro Buontempo ci ha lasciato, e la sua assenza è più presente che mai. Teodoro era un leader naturale, sin da quando venne a Roma dal suo natìo Abruzzo, da un paesino che oggi conta poche centinaia di abitanti, arroccato in montagna, Carunchio. Le scuole però le fece a Ortona, sul mare, dove mosse i primi passi in politica. Sempre dalla stessa parte. Ma la provincia gli andava stretta, il suo sogno era un altro. Così, nel 1961 approdò nella Capitale, dove si fece subito apprezzare per le sue doti di capo, per il suo carisma. Non era ricco, non lo fu mai, e dormiva o in automobile o nelle strutture del Msi, la federazione o in qualche sezione o ospite di qualche camerata. Divenne dirigente della Giovane Italia, l’organizzazione giovanile del Msi, e poi del Fronte della Gioventù, che ne prese il posto nel 1971.
Ma quale pecora? Buontempo fu sempre leone
E già che ci siamo, sfatiamo un’altra leggenda, una vera fake, dura a morire. Nessuno, ma proprio nessuno se non i suoi avversari politici, lo chiamò mai “er pecora”. Né quando arrivò a Roma né in seguito. Al Fronte, in via Sommacampagna, lo chiamavamo Teo e Teodò, alla romana. “Er pecora” è un’invenzione dei giornalisti di regime, un nomignolo dispregiativo col quale credevano di intaccarne il prestigio. Nacque quando i giornaloni iniziarono a occuparsi di lui e della destra romana, nel tentativo di arginarne l’ascesa. Ma pecora non fu mai, semmai un leone. Detto questo, l’avventura politica di Buontempo fu lunga e plurale, ma sempre coerente. Iniziò ad andare in televisione, ai dibattiti, facendo sempre un’ottima figura, nonostante i tentativi dei servi del potere di metterlo in difficoltà.

Buontempo dal Msi alla Destra
Msi con Almirante, Alleanza nazionale con Fini, La Destra con Storace, che fu certo il suo migliore amico sino alla fine. Buontempo fu anche il presidente della Destra. E tutti gli volevano bene. Fini andò subito in ospedale quando morì per tributargli il doveroso omaggio. Ai funerali, alla chiesa di San Marco, poi, c’erano migliaia di persone, e non solo missine, ma dai “vecchi” di Avanguardia nazionale e Ordine Nuovo ai giovani di CasaPound, che ne avevano recepito il messaggio sociale e di grande coraggio personale e politico. Al Verano ad accompagnarlo alla ultima dimora c’era, insieme con la sua splendida famiglia, un manipolo di attivisti della federazione provinciale del Fronte di via Sommacampagna, insieme a lui dagli anni Settanta, che gli hanno tributato il rituale “Presente!”.
Teodoro alla fine era deluso dalla politica politicante italiana
Tanti, troppi sono gli episodi e i fatti che potremmo raccontare su di lui e con lui, ma la storia andrebbe raccontata con ordine in un libro, raccogliendo le migliaia di testimonianze di chi lo conobbe e di chi gli volle bene. Eretico, anticonformista, coerente, Teodoro seppe antivedere la politica italiana e soprattutto quel microcosmo dell’estrema destra nel quale aveva nuotato ed era emerso. Alla fine era sostanzialmente un deluso: dal suo mondo, dalla politica italiana, ma non certo dal popolo, dalla gente, per la quale si batté in ogni occasione, alle volte pagando pesantemente di persona per le sue idee. Onore a Tedoro Buontempo, politico di razza e uomo perbene se mai ce ne furono.