Roma, nuovo Umberto I, il governatore Rocca “fissa la data”: ecco quando partirà il nuovo cantiere

Policlinico Umberto I si sposta a Pietralata

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Roma, adesso c’è una tabella di marcia dichiarata in modo netto: progettazione nel 2026, cantieri nel 2027 e un obiettivo simbolico nel mirino, il Giubileo del 2033. Francesco Rocca l’ha messa giù così, senza troppi giri di parole, legando l’operazione anche alla durata del suo percorso politico: “in tempo per il mio secondo mandato”. È una scommessa pubblica, perché quando un governatore mette una data davanti ai romani, poi quella data diventa un metro di giudizio: o la rispetti, o paghi il conto in credibilità.

Perché l’Umberto I è diventato un caso politico

L’Umberto I non è solo un ospedale: è un pezzo di città, un gigante storico con una struttura “a padiglioni” pensata per un’altra epoca. Oggi però quel modello mostra tutti i suoi limiti: edifici vecchi, costi di manutenzione alti, spazi difficili da gestire, percorsi interni lunghi, reparti che sembrano lontani anni luce uno dall’altro. E soprattutto, un tema che in politica pesa come un macigno: i conti. Rocca lo ha detto più volte, definendo l’Umberto I (insieme al San Camillo) uno dei principali generatori di deficit. Tradotto: se la sanità è già sotto pressione, quel tipo di struttura viene vista come un buco che si allarga.

Dove si farà davvero e chi mette i soldi

Il dossier è passato da ipotesi a ipotesi: prima Pietralata, poi Castro Pretorio, poi di nuovo l’idea di restare nel perimetro più legato alla Sapienza e alla zona storica, tra viale dell’Università e l’asse ferroviario. In mezzo c’è stato un continuo rimpallo tecnico e politico, tipico dei grandi progetti romani: annunci, correzioni, ripartenze. Il punto decisivo, però, è che i finanziamenti sono arrivati: un miliardo viene indicato come base economica dell’operazione, con l’Inail chiamata a giocare un ruolo chiave. E sul dimensionamento Rocca ha rilanciato una cifra precisa: circa 1.170 posti letto. Numeri che fanno capire l’ambizione: non un ritocco, ma un vero cambio di scala.

Sottopasso e “campus più grande d’Europa”: la città nel progetto

Qui la partita smette di essere solo sanitaria e diventa urbanistica, quindi politica al cento per cento. Rocca ha rilanciato l’idea di un sottopasso su viale dell’Università: un intervento che, nelle intenzioni, dovrebbe fluidificare traffico e collegamenti e “liberare” la Città universitaria. La promessa è forte, quasi da manifesto: trasformare quell’area nel più grande campus d’Europa, recuperando le palazzine umbertine oggi usate come cliniche e convertendole in studentati e laboratori. È il tipo di messaggio che parla a studenti e famiglie: più case per chi studia, più spazi per la ricerca. Ma è anche il tipo di messaggio che allarma i residenti: perché un grande campus porta servizi, sì, ma anche cantieri lunghi, viabilità stravolta, rumore e un nuovo equilibrio da negoziare.

La vera strettoia: burocrazia, vincoli e tempi reali

Il cittadino sente “2027” e pensa “domani”. Ma tra un annuncio e una ruspa ci sono passaggi che, a Roma, possono diventare un labirinto. L’Università “La Sapienza” deve predisporre i documenti tecnici per il bando di progettazione, tenendo conto dei vincoli e delle aree da proteggere. Poi ci sarà la gara per scegliere il progetto migliore, e il progetto dovrà passare al soggetto incaricato di mettere a terra l’opera, che bandirà l’appalto dei lavori. Ogni passaggio è un punto critico: basta un ricorso, un rallentamento, una contraddizione tra enti, e la tabella salta. E il rischio, in questi casi, è sempre lo stesso: che l’annuncio corra, ma il cantiere cammini.

Sanità e ricerca: la sfida vera è non lasciare buchi

Questo progetto arriva mentre Roma prova a spingere anche su un’altra leva: ricerca, innovazione, università. L’asse tra ospedale e Sapienza non è casuale: il messaggio politico è che cura e ricerca devono stare insieme, e che il futuro della città passa da poli forti, moderni, capaci di attrarre professionisti e studenti. Ma la prova decisiva non sarà lo slogan: sarà la gestione della transizione. Perché mentre si progetta il “nuovo”, c’è un “vecchio” che deve continuare a funzionare ogni giorno, tra pronto soccorso, liste d’attesa, carenze di personale e bisogni reali dei cittadini. Il punto politico, alla fine, è tutto qui: modernizzare senza lasciare nessuno indietro, e farlo con tempi veri, non con promesse buone solo per una conferenza stampa.