Roma, orrore al lavoro: sequestra la collega e la violenta per due ore

Doveva essere una giornata di lavoro come tante, ma si è trasformata in un incubo per una donna aggredita brutalmente da un collega. Un fatto di violenza estrema consumato a Roma nel silenzio di una stanza chiusa a chiave, rotto solo dalle urla e dal sangue. L’uomo, un 30enne somalo, l’ha minacciata con un’arma da taglio, ferita e tenuta in ostaggio per ore, costringendola a subire un abuso sessuale. Poi, come se nulla fosse, ha preso in mano il telefono e ha chiamato i soccorsi, confessando tutto ai Carabinieri.
Sequestrata, ferita e abusata dal collega
È successo la sera del 26 aprile, in un contesto lavorativo dove la vittima, quasi coetanea dell’aggressore e anche lei di origini africane, non immaginava certo di vivere un tale orrore. L’uomo l’ha bloccata in un luogo chiuso, minacciandola e ferendola con un’arma da taglio, per poi abusarne. Un sequestro durato circa due ore, terminate solo quando, dopo l’aggressione, lo stesso autore ha allertato il 118, forse pentito da quello che aveva fatto, più probabilmente, spinto dalla paura delle conseguenze.

Quando i Carabinieri della Compagnia di Pomezia, con i militari della Stazione di Roma Divino Amore sono intervenuti, l’uomo ha ammesso le sue responsabilità. La donna è stata trasportata all’ospedale Sant’Eugenio, dove ha ricevuto le cure necessarie prima di essere dimessa. Le sue ferite sono fisiche e psicologiche: lacerazioni profonde difficili da rimarginare.
Arrestato l’aggressore
Dopo le prime indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, l’uomo è stato arrestato e condotto al carcere di Regina Coeli. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto, disponendo per lui la custodia cautelare. Le accuse sono gravissime: violenza sessuale, sequestro di persona, lesioni e minacce.
Un episodio che riaccende i riflettori sul tema della violenza di genere nei luoghi di lavoro, dove la solitudine e la paura spesso rendono le vittime ancora più vulnerabili. E che ricorda quanto sia urgente creare spazi sicuri, formare, prevenire, e soprattutto ascoltare chi trova il coraggio di parlare.