Roma, Papa Wojtyla, ripulita la statua a Termini: era stata imbrattata dai pro Pal

Roma, la statua ripulita

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Roma, piazza dei Cinquecento. Nel cuore pulsante della Capitale, davanti alla stazione Termini, la statua di Papa Giovanni Paolo II — l’imponente opera in bronzo di Oliviero Rainaldi, simbolo di accoglienza e spiritualità — era stata sfregiata con una scritta ingiuriosa: “Fascisti di merda”. Un atto vandalico, compiuto venerdì scorso durante il presidio pro-Palestina e le manifestazioni a sostegno della cosiddetta Flotilla, che ha ferito non solo un monumento, ma anche un pezzo di memoria collettiva.

La scritta, tracciata con vernice rossa sul mantello del pontefice, ha provocato indignazione trasversale. Un gesto definito da più parti non politico, ma barbaro. “Un insulto gratuito a una figura che ha speso la vita per la pace tra i popoli”, hanno commentato alcuni passanti, assistendo increduli ai rilievi della polizia scientifica sul posto.

Roma ferita ma non piegata

Dopo giorni di indignazione e polemiche, la statua di Wojtyla è tornata al suo originario splendore. Le squadre dell’Ama e della Sovrintendenza Capitolina sono intervenute all’alba, cancellando le tracce del vandalismo con un delicato intervento di restauro. Scomparsa ogni macchia di vernice, riaffiorano le linee essenziali e controverse della scultura, voluta nel 2011 per ricordare il “Papa pellegrino”, simbolo di dialogo e riconciliazione.

La scena del riscatto civico è stata segnata da un gesto simbolico: una corona di fiori deposta ai piedi della statua. Un atto di rispetto, ma anche di risposta. A guidare la delegazione parlamentare che ha voluto rendere omaggio al pontefice, il presidente del Senato Ignazio La Russa, accompagnato da diversi rappresentanti politici. “Ho invitato tutti i capigruppo – ha spiegato – perché certi gesti non devono dividerci, ma unirci nella difesa del decoro e del rispetto”.

La Russa: “Un atto ignobile contro la memoria”

Tono fermo e parole pesanti quelle di La Russa. “Ritengo sia stato veramente fuori da ogni sentimento, da ogni logica, l’atto di violenza, perché tale è, perpetrato con quella scritta ingiuriosa”, ha dichiarato davanti ai cronisti. Il presidente del Senato ha parlato di “atto ignobile” che non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione, ma rappresenta “una forma di odio che deve essere rigettata senza ambiguità”.

“Quello nostro – ha aggiunto – è invece un atto d’amore, di fede, di vicinanza tra i popoli. Mi auguro che questo piccolo gesto, che spero sia seguito da altri simili, possa servire a sanare una ferita simbolica inferta al cuore di Roma e al ricordo di un Papa che ha predicato solo la pace”.

Una ferita che interroga la Capitale

L’episodio ha riaperto il dibattito sull’ondata di vandalismi che da mesi colpisce monumenti e luoghi simbolici della città. Dalle scritte contro Israele sui muri del centro storico, ai danneggiamenti di chiese e lapidi, fino ai graffiti su statue e palazzi storici, Roma sembra diventata terreno di scontro per frange ideologiche che confondono protesta e distruzione.

Ma la violenza non si ferma alla vernice. Colpire la statua di Giovanni Paolo II significa, per molti, colpire un’idea di convivenza civile, un simbolo universale di dialogo. E proprio per questo la reazione immediata delle istituzioni assume un valore che va oltre la cronaca: è un segnale politico e morale.

Il ritorno al decoro e alla memoria

Oggi, a distanza di pochi giorni, la statua di Rainaldi torna a dominare la piazza. Il bronzo, lucidato e restaurato, riflette la luce autunnale del mattino. Intorno, qualche turista scatta foto, qualche romano si ferma in silenzio. La corona di fiori ai piedi del monumento resta come testimonianza di un riscatto civico, piccolo ma significativo.

Roma, ancora una volta, mostra la sua doppia anima: vulnerabile e indomita, ferita ma capace di rialzarsi. In questa vicenda, dietro le scritte cancellate, resta la domanda su quanto fragile sia oggi il rispetto per i simboli, e quanto necessario sia difenderli. Perché oltraggiare un monumento non è solo sporcare una statua: è sporcare la memoria di chi, come Papa Wojtyla, ha fatto della pace una missione universale.

Un gesto vile, una risposta civile.La città eterna continua a resistere, ricordando a chi imbratta e distrugge che la storia, quella vera, non si cancella con una bomboletta di vernice.