Roma, piscina Azzurra, non basta il ‘canone zero’ per 26 anni, bando deserto: il Campidoglio accende il ‘solito’ mutuo da 1,8 milioni

Roma, l'ingresso della ex piscina Azzurra di via Manduria n. 21, foto Google Maps

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Roma, si è rivelato un flop perchè è andato deserto il bando avviato a febbraio scorso dalla Giunta Gualtieri per tentare di riavviare la maxi piscina Azzurra di via Manduria 21, Municipio V, nel cuore del Quarticcio, divenuta simbolo di degrado e abbandono. Eppure, il bando prevedeva una concessione lunghissima – 26 anni di durata – con canone a costo zero, nel senso letterale del termine. Questo è quanto si legge tra le carte che pubblichiamo in formato scaricabile alla fine di questo articolo. L‘intera vicenda era stata da noi ricostruita in un precedente articolo.

Ebbene, ora la Giunta Gualtieri è stata costretta a fare dietrofront ed ha appena varato (con un voto di Giunta del 12 dicembre: assente al momento del voto il sindaco Gualtieri) un nuovo mutuo da 1,8 milioni per ristrutturare l’impianto. Solo dopo la ristrutturazione – così riportano sempre la carte – verrà avviato un nuovo bando per la sola gestione della struttura sportiva.

Febbraio: il “costo zero” che non ha sedotto nessuno

Ma facciamo un passo indietro: come anzidetto, a febbraio il Campidoglio aveva tentato la via più amata dalle amministrazioni quando vogliono dire ai cittadini – in sostanza -“Non spendiamo soldi pubblici”. Lanciando una proposta di project financing con concessione lunga 26 anni, con un valore stimato della concessione pari a 15,5 milioni di euro (al netto IVA) a fronte di un investimento lavori di soli 1,5 milioni a carico del privato. Quindi con torna-conto di tutto rispetto. Il Piano economico-finanziario indicava di fatto un canone zero a favore del Comune, con la promessa implicita: “Ci penserà il mercato, vedrete, cari cittadini romani, voi non spenderete un solo euro”. Peccato che il mercato, alla prova dei fatti, abbia risposto con un silenzio piuttosto eloquente.

Il bando deserto e la realtà che bussa in Campidoglio

Il punto politico, oggi, sta tutto in una riga degli atti: la procedura pubblicata il 25 febbraio 2025 è andata deserta. Traduzione: non si è presentato nessuno disposto a prendersi carico di ristrutturazione e gestione, nemmeno con una concessione che arrivava fino al 2051 circa. E qui l’ironia è quasi automatica. Se nemmeno una prospettiva così lunga (e “leggera” per le casse capitoline) convince operatori e società sportive, significa che i conti non tornavano. O che i rischi, in quel quadrante e con quell’impianto, pesavano più dei ricavi promessi.

Dicembre: il dietrofront a colpi di mutuo

Così, con la deliberazione n. 480 approvata in Giunta nella seduta del 12 dicembre 2025 (pubblicazione all’Albo Pretorio dal 19 dicembre), Roma cambia strada. Approva il progetto e avvia la richiesta di utilizzo di fondi da mutuo per 1.804.227,42 euro complessivi. In parole povere: prima il Comune ristruttura, poi — “ad esito del perfezionamento” del mutuo — si farà la gara d’appalto e solo successivamente si potrà parlare di affidamento in gestione. Dal “paga il privato” al “anticipa il pubblico”, con interessi annessi, vale a dire pagano i romani per i prossimi due decenni.

Il Piano, trasmesso da Risorse per Roma al Campidoglio e chiuso con conferenza dei servizi a esito positivo, punta a una ristrutturazione completa.

Il conto politico: promessa, flop, mutuo

La vicenda è di interesse pubblico perché racconta una cosa molto romana: l’idea del “costo zero” funziona benissimo nei comunicati, un po’ meno quando si passa ai bandi. A febbraio si parlava di rilancio senza esborso comunale, con una concessione generosa e una gestione privata destinata a macinare ricavi per decenni. A dicembre la realtà impone l’opzione opposta: debito e lavori in capo a Roma, per poi cercare un gestore su una struttura finalmente rimessa a norma.

Morale politica (e ironica): nemmeno 26 anni di concessione “morbida” sono bastati a convincere qualcuno a prendersi l’incombenza. Ora toccherà ai cittadini anticipare la rinascita — sperando che, almeno dopo, la piscina trovi davvero chi la faccia vivere. E, nel frattempo, ai romani toccherà anche pagare 20 anni di mutuo con le ‘classiche’ rate.