Roma, poliziotto sequestrato e massacrato nel carcere minorile da detenuti travestiti con le maglie del parroco
Hanno indossato tutti la stessa maglia, quella che, pochi giorni prima, il parroco aveva dato loro in occasione del Natale. Poi si sono coperti il volto, per non farsi riconoscere. Infine hanno distrutto le telecamere, per essere sicuri che nessuno potesse risalire alla loro identità. E, quando sono stati certi di poter agire in tranquillità, hanno iniziato la loro “azione punitiva” contro quel poliziotto che aveva osato provare a dare delle regole proprio a loro, che di regole non volevano sentire neanche parlare. E lo hanno picchiato a sangue, in branco. Non contenti, hanno anche distrutto gli arredi e parti della struttura.
È successo ieri, nel carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, dove un gruppo di detenuti stranieri ha sequestrato un agente e lo ha massacrato di botte, causandogli lesioni giudicate guaribili in 17 giorni e ferendo anche un altro poliziotto.
Il sequestro e l’aggressione nel carcere minorile
Stessa maglia, volti coperti, telecamere distrutte. Un’azione studiata per colpire e sparire, almeno nelle intenzioni. L’obiettivo era l’agente di polizia penitenziaria che aveva provato a imporre regole a chi, quelle regole, le rifiuta apertamente. Il risultato è un poliziotto finito in ospedale, con una prognosi di 17 giorni, e un secondo agente ferito nel tentativo di intervenire. Un episodio che riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle carceri minorili, sempre più spesso teatro di violenze.
Lo sfogo di un agente racconta il clima che si respira negli istituti penali per minori. “Adesso questi detenuti verranno trasferiti, ma andranno semplicemente a fare danni altrove. Lo dimostrano la distruzione del carcere di Torino, quella di Milano, la rivolta di Casal del Marmo, l’evasione di massa da Milano”, spiega.
Secondo il poliziotto, la polizia penitenziaria è lasciata sola. Non tutelata, esposta alla gogna se prova a intervenire. “Siamo costretti a fare i camerieri a questo tipo di detenuti. Se proviamo a far rispettare le regole, veniamo pestati”, spiega amareggiato. “Gli agenti non solo non vengono tutelati, ma se provano a far rispettare le regole finiscono nella macchina del fango, schiacciati tra la rieducativa e il tribunale di sorveglianza. Siamo costretti a fare da camerieri a questo tipo di detenuti. E se provi a dire no, vieni pestato”.
“Abbiamo paura di essere picchiati: ecco cosa succede nel carcere minorile”
Ma il problema più grave sarebbe gestionale. Molti di questi detenuti non sarebbero affatto minorenni, ma ragazzi di 25 e persino 30 anni. “A 22 anni ci sono sedicenti minorenni, ovviamente stranieri, di cui non si riesce ad accertare l’identità, che di anni ne dichiarano 17. E siccome possono restare nel carcere minorile fino a 25 anni, questo significa che all’interno ci sono persone che arrivano fino a 30 anni. E che godono dei diritti dei minorenni. Ma che si comportano da veri criminali, mettendo sotto scacco i poliziotti. E non si tratta di una questione di mancanza di organico, seppure questo sia un problema, ma di organizzazione”.
“All’interno i detenuti spacciano, minacciano, aggrediscono, ma c’è chi li dipinge come bravi ragazzi che si comportano bene. C’è una forte discrepanza tra come vengono dipinti dalla rieducativa e quello che vedono tutti i giorni i poliziotti. E allora ci togliessero, perché noi così non ce la facciamo più, siamo ridotti a essere i loro camerieri, per paura di essere picchiati quando siamo da soli e loro in branco”, rivela l’agente, che conclude sfiduciato: “Vengono gestiti nella maniera sbagliata”.
I sindacati: “Situazione fuori controllo”
Più misurato il tono del segretario generale Fns Cisl Lazio, Massimo Costantino, che però non minimizza. “Ancora una volta ci troviamo a denunciare episodi di violenza nelle carceri. Un’unità di Polizia Penitenziaria in servizio a Casal del Marmo è stata aggredita”. La Fns Cisl Lazio esprime solidarietà e chiede interventi immediati, non solo disciplinari ma anche trasferimenti, per garantire la sicurezza del personale. “Servono correttivi urgenti e un cambiamento del sistema penitenziario minorile. Così non è più sostenibile”.
Ancora più duro il SAPPE. “Queste aggressioni non possono più essere tollerate”. Il sindacato denuncia una grave carenza di comando nel carcere romano: al momento dei fatti non erano in servizio né il direttore né il comandante, mancavano ispettori e sovrintendenti, e la sezione era affidata a un agente con soli tre anni di esperienza. Un quadro che, secondo il sindacato, spiega perché il 90% delle aggressioni finisca con il personale al pronto soccorso.