Roma ‘predica’ cultura ma poi chiude la libreria di Prati: il Tribunale la riapre e bacchetta il Campidoglio
Da un lato il Campidoglio lancia campagne pubbliche di sostegno per le librerie sotterranee, assicurando super sconti dell’80% ai gestori dei sottopassi culturali di piazza Fiume e largo Chigi, un caso da noi affrontato di recente. Dall’altro, a pochi chilometri di distanza, sempre in pieno centro città, dopo poche settimane, chiude con un provvedimento d’urgenza una libreria situata nel cuore del quartiere Prati, in piazza delle Vaschette. È questo l’apparente paradosso portato avanti dal Campidoglio che emerge dalla sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio che ha annullato quest’oggi 4 novembre – almeno in parte – l’atto con cui il comune di Roma aveva imposto la chiusura della libreria “Vaschette”, riabilitandone l’attività e censurando l’operato dell’amministrazione capitolina.
Il caso: una libreria chiusa da Roma d’autorità
La società Srls, che gestisce un piccolo esercizio di vendita di libri e contestuale somministrazione di bevande (bar – caffetteria) in zona Prati, a due passi dal Vaticano e piazza San Pietro, si era vista revocare le due autorizzazioni comunali a distanza di oltre un anno dalla presentazione delle pratiche amministrative (le cosiddette SCIA).
La libreria, tuttavia, aveva sempre dichiarato di essere in regola e di aver subito un disguido tecnico nella ricezione delle comunicazioni via PEC, dovuto a un cambio di indirizzo automatico da parte della Camera di Commercio. Da qui il ricorso al Tar, firmato dall’avvocato Andrea Ippoliti, per chiedere l’annullamento dei provvedimenti di Roma.
Il TAR: “La libreria di Roma non poteva essere chiusa”
Il Tribunale ha dato almeno parzialmente ragione alla società. Secondo i giudici amministrativi, il Comune di Roma ha applicato in modo errato le norme regionali: i requisiti professionali e la decadenza per inattività riguardano la sola attività di somministrazione di alimenti e bevande, ossia solo la parte di caffetteria, ma non quella prevalente di libreria. Tradotto: la libreria non poteva essere chiusa con la motivazione usata dal Campidoglio.
Il provvedimento, dunque, è stato annullato dai giudici “in parte qua”, così si usa dire in gergo tecnico, cioè limitatamente alla chiusura della libreria, mentre è stato confermato per la parte accessoria legata al bar interno, dove effettivamente mancavano i titoli professionali previsti dalla legge. Un’interpretazione, quella dei giudici, che suona come una chiara “bacchettata” all’amministrazione capitolina: norme pensate per le attività alimentari non possono essere ‘piegate’ per chiudere esercizi e attività di carattere culturale.
Roma a due velocità
La vicenda assume un rilievo politico tutt’altro che marginale. Appena pochi mesi fa, l’Assemblea Capitolina – su proposta della presidente dell’aula Giulio Cesare Svetlana Celli – aveva approvato una delibera per abbattere dell’80% i canoni di affitto dei sottopassi trasformati in librerie. L’obiettivo dichiarato: sostenere un settore in crisi – quello culturale – e valorizzare spazi urbani spesso abbandonati per trasformarli in librerie, ossia luoghi di cultura.
Una misura “pro-cultura” che stride clamorosamente con la decisione di chiudere, con mano pesante, una libreria attiva ‘in superficie’, senza apparenti ripensamenti. Mentre Palazzo Senatorio si presenta come paladino del libro e della rigenerazione urbana a fini culturali, la stessa macchina amministrativa che predica la rinascita dei sottopassi arriva a sigillare una libreria di quartiere per ‘semplici’ cavilli procedurali.
La contraddizione politica di Roma e del Campidoglio
Il contrasto è evidente. Da un lato si finanziano, con perdita di soldi pubblici, progetti di librerie sotterranee che arrancano tra flussi pedonali scarsi e bilanci in rosso. Dall’altro si ostacolano piccole realtà indipendenti che resistono in superficie, spesso senza aiuti né visibilità. Il caso di piazza delle Vaschette sembra fotografare una disconnessione profonda tra gli slogan culturali del Campidoglio e l’azione amministrativa concreta. E chi ne paga il prezzo, ancora una volta, sono i cittadini e gli operatori culturali che cercano di dare un’anima ai quartieri.
Il giudice richiama Roma al buon senso
La sentenza del Tar non solo riapre la libreria, ma rappresenta anche un monito: le norme vanno applicate con rigore, ma anche con equilibrio. Non tutto ciò che “non risponde” a un’e-mail o tarda ad aprire può essere cancellato con un tratto di penna.
Il Tribunale ha ricordato che l’amministrazione deve distinguere tra le diverse attività esercitate — nel caso specifico, tra libreria e somministrazione — e non può estendere automaticamente una sanzione a tutto l’esercizio. Una lezione di diritto amministrativo, ma anche di buon senso istituzionale.
Celli e Gualtieri, il nodo della coerenza del Campidoglio
La presidente dell’Assemblea Capitolina, Svetlana Celli, promotrice del “super sconto” per le librerie nei sottopassi, e il sindaco Roberto Gualtieri, che ne ha condiviso la linea, sono ora chiamati a chiarire quale sia la reale strategia del Campidoglio: sostenere la cultura o soffocarla con la burocrazia?
Perché non si può salvare con una mano ciò che si chiude con l’altra. Roma ha bisogno di librerie vive, non solo di proclami. E se davvero la Capitale intende promuovere la cultura urbana, allora la vicenda di piazza delle Vaschette dovrebbe segnare un punto di svolta: meno carte bollate, più buon senso e più coerenza politica.
Un simbolo della città reale
La libreria di Prati diventa così un simbolo della Roma reale, quella che non vive nei comunicati stampa ma nelle difficoltà quotidiane di chi cerca di resistere tra affitti, permessi e sopralluoghi.
Il TAR ha riaperto una saracinesca, ma soprattutto ha acceso un riflettore su un’amministrazione che predica cultura e pratica burocrazia.
E in questa contraddizione, forse, si specchia il destino stesso della Capitale.