Roma, rapine, furti e sequestri, sgominata banda dei rom, 18 arresti: le urla delle vittime in diretta telefonica

Carabinieri campo rom via dei Gordiani

Una banda specializzata in rapine e furti, compiuti addirittura con sequestri di persona e incendi. 46 colpi in poco tempo, tutti effettuati da un gruppo criminale di soggetti di etnia rom domiciliati nel campo nomadi di via dei Gordiani. Ma stamattina un maxi-blitz dei Carabinieri ha messo fine a una scia di violenza che da mesi teneva sotto scacco Roma e la sua provincia. Sono infatti in corso 18 arresti per una lunga serie di rapinefurti e altri reati gravi, ricostruiti pezzo dopo pezzo in un’indagine che ha richiesto intercettazioni, pedinamenti e un lungo lavoro investigativo.

A finire in manette quindici uomini, assicurati presso le case circondariali di Roma e Rieti, alcuni dei quali già detenuti per procedimenti analoghi. Due donne sono state sottoposte alla misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico, mentre un indagato minorenne è stato condotto all’Istituto di detenzione per minori “Virginia Agnelli” di Roma. Le misure cautelari notificate oggi si aggiungono agli altri 11 provvedimenti restrittivi già eseguiti durante le indagini, sette fermi, un arresto in flagranza e due ordini di carcerazione, adottati per arginare la pericolosa scia di violenza.

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Le urla delle vittime registrate in diretta

L’indagine, coordinata dai magistrati del Dipartimento Criminalità diffusa e grave della Procura di Roma, ha permesso di delineare i contorni di un vero e proprio gruppo criminale. Secondo gli inquirenti, sarebbero coinvolti in almeno 46 episodi tra rapinefurtisequestri di personaricettazionedanneggiamenti e persino incendi. Nonostante alcuni arresti effettuati già durante le fasi dell’indagine, la banda riusciva a rimpiazzare rapidamente i membri fermati, reclutando nuove leve e continuando a colpire con un’organizzazione quasi militare. Questo ha reso ancora più evidente la pericolosità del gruppo e la necessità di un intervento definitivo.

Le rapine negli appartamenti avvenivano spesso nel tardo pomeriggio o la sera. Gli anziani venivano sorpresi mentre guardavano la TV o addormentati nel loro letto, minacciati, in un caso anche con una pistola, e costretti a consegnare denaro e oggetti di valore. Parallelamente, alcuni membri della banda si sono dedicati ai furti in danno di sale giochi, bar tabacchi e altri esercizi commerciali. Durante le irruzioni, gli indagati si tenevano in contatto continuo tra loro. E proprio questo ha permesso ai Carabinieri, che intercettavano le comunicazioni, di ascoltare le urla delle vittime registrate in diretta.

Vittime sequestrate e picchiate

I rom non si fermavano davanti a nulla. Per le rapine usavano auto di grossa cilindrata, prese a noleggio con contratti intestati a prestanome, o veicoli rubati. Ed erano instancabili: in alcuni casi sono sospettati di aver eseguito fino a tre colpi nello stesso giorno. Il bottino, denaro contante, gioielli e altri beni di valore, veniva riportato al campo nomadi dove avveniva la spartizione. I furti alle abitazioni, realizzati scassinando grate e porte-finestre, avvenivano insieme a rapine violente: una donna all’Eur è stata picchiata talmente tanto da aver bisogno di essere ricoverata. Un’altra, nel quartiere Trieste, è stata sequestrata in casa per quasi due ore, mentre a Torre Spaccata un giovane è stato minacciato con un coltello mentre dormiva.

Di notte alcuni membri del gruppo si dedicavano ai furti nei locali commerciali, soprattutto in sale giochi e bar/tabacchi nel quadrante Casilino, portando via le macchine cambiamonete piene di contanti per poi scassinarle all’interno dell’insediamento. Un episodio clamoroso riguarda il furto di una supercar ancora vincolata sulla bisarca: la vettura sarebbe stata utilizzata per attività illecite e poi incendiata per disperdere le tracce. Tra gli episodi ipotizzati c’è anche una rapina a un supermercato della provincia, con asportazione dell’incasso di diverse migliaia di euro.

Gli ordini impartiti dal carcere

Durante le azioni i componenti del gruppo restavano in costante contatto telefonico: il “palo” segnalava problemi esterni in tempo reale, mentre i complici agivano. Proprio quelle conversazioni intercettate, unite a pedinamenti e analisi degli spostamenti, hanno permesso ai Carabinieri di raccogliere gravi indizi di colpevolezza per i singoli episodi. Le indagini hanno rivelato un elemento ancora più grave: alcuni colpi sarebbero stati coordinati nei dettagli da un uomo, sempre di etnia rom, detenuto nel carcere di Regina Coeli. L’uomo avrebbe utilizzato il telefono per guidare i complici all’esterno, scegliendo i bersagli e definendo le modalità d’azione.