Roma, riaperto il “tunnel della Banda della Magliana” nella casa del Jazz: si cercano i corpi del giudice Paolo Adinolfi e di Emanuela Orlandi
Roma torna a guardare con inquietudine a uno dei suoi punti più oscuri: i sotterranei della Casa del Jazz, la villa che fu di Enrico Nicoletti, il famigerato “cassiere” della Banda della Magliana. Un posto che da decenni custodisce silenzi, voci, soffitte murate e un’unica, angosciante domanda: cosa c’è davvero là sotto? C’è davvero il corpo del giudice Paolo Adinolfi e magari anche quello di Emanuela Orlandi?
Dalle 8 di questa mattina sono riprese le ricerche nel tunnel sotterraneo che corre sotto il parco della villa. Una galleria di 15 metri di profondità e 25 di lunghezza, chiusa da quasi 30 anni e da sempre considerata un possibile deposito di armi, esplosivi, documenti, veicoli… e forse dei resti del giudice Paolo Adinolfi, scomparso 31 anni fa in circostanze mai chiarite.
La galleria murata dal “cassiere”: un patrimonio di segreti ancora intatti
Il punto di partenza è sempre lo stesso. Quella grande sala interrata che Nicoletti fece murare nei primi anni ’90, subito dopo il suo trasferimento nella villa, oggi bene confiscato e trasformato in Casa del Jazz dal 2005. Un locale enorme, mai esplorato, che nel tempo è diventato una sorta di “antro mitologico” della Roma criminale. Ieri gli operai hanno iniziato un primo carotaggio con pale e picconi. Oggi entreranno in azione i bobcat e le ruspe per arrivare alla struttura in muratura individuata dal radio-scanner. Sul posto ci sono carabinieri, polizia, Guardia di Finanza, Sovrintendenza e perfino gli artificieri, perché lì sotto potrebbe esserci “di tutto”, come ha ammesso una fonte investigativa.
E, se Nicoletti ha davvero usato quella galleria, non lo ha fatto per stiparci mobili vecchi. Si parla di arsenali, di denaro, di documenti spariti, perfino di possibili resti umani legati alla stagione più buia della malavita romana. Ipotesi, dicerie, fantasie o qualcosa di molto più reale?
“Ora dobbiamo solo aspettare. Non si può dire altro”, commenta l’avvocato Lorenzo Adinolfi, figlio del giudice scomparso. La famiglia, con discrezione e dolore, lamenta di non essere stata informata in anticipo. “Non avremmo mai desiderato il clamore mediatico che ne è conseguito. Chiediamo silenzio e rispetto per il nostro dolore infinito”.
Dal progetto dei funghi al sospetto delle tombe
L’origine di quanto sta accadendo è “particolare”. Non è stata un’indagine giudiziaria a riaprire il tunnel, né una nuova pista. Tutto nasce, incredibilmente, da un progetto agricolo. Il giudice in pensione Guglielmo Muntoni, oggi presidente dell’Osservatorio contro la criminalità economica della Camera di Commercio, ha raccontato di aver segnalato l’esistenza della galleria nell’ambito di un programma di recupero per la coltivazione di funghi.
“Sapevo che c’era una galleria tombata da trent’anni. Ho proposto di vedere cosa ci fosse dentro”, ha spiegato. Da qui l’intervento della Prefettura e l’autorizzazione del prefetto Lamberto Giannini, che ieri ha dato il via agli scavi. Si tratta di una galleria di 15 metri di profondità e 25 di lunghezza, costruita accanto alla villa realizzata negli anni Trenta dal banchiere Arturo Osio. Un passaggio sotterraneo che Nicoletti acquistò dall’Opera Francesco Oddasso sotto il controllo del Vicariato di Roma, abitandoci fino alla confisca nel 2001. Negli ultimi trent’anni quella sala sotterranea è rimasta murata. Nicoletti fece chiudere tutto nel 1994, proprio mentre Roma veniva travolta da faide, sparizioni e regolamenti di conti.
Paolo Adinolfi: il giudice scomparso nel nulla
Il giudice Paolo Adinolfi, scomparso il 2 luglio 1994, stava lavorando su fascicoli delicatissimi: la FISCOM, i conti del “cassiere” della Magliana, e un viaggio a Milano per parlare del crac del Banco Ambrosiano. Quella mattina viene visto con un uomo più giovane. Poi sparisce. Le chiavi di casa e dell’auto vengono ritrovate nella cassetta postale dell’anziana madre. Il corpo non sarà mai ritrovato. Nel 2021 arriva la dichiarazione di morte presunta.
La riapertura del tunnel ha subito riacceso l’attenzione su altre sparizioni storiche. In particolare quella di Emanuela Orlandi. Pietro Orlandi ha raccontato all’agenzia LaPresse di aver ricevuto in passato una confidenza da un magistrato: “Secondo alcune ricerche, il corpo di mia sorella si sarebbe potuto trovare lì”. Una frase che ha alimentato la tensione mediatica, ma che la legale della famiglia, l’avvocato Laura Sgrò, ha voluto subito raffreddare. “Parliamo di suggestioni. Ma ogni approfondimento è utile”. La galleria è infatti legata anche alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, ex di Renato De Pedis, che negli anni suggerì possibili legami tra la Banda della Magliana e la scomparsa della giovane vaticana.
Non solo Adinolfi ed Emanuela Orlandi: le altre ombre della Magliana
Nel tunnel si potrebbe nascondere anche la verità sulla scomparsa di Domenico e Francesco Nicitra, figlio e fratello del boss Salvatore Nicitra, spariti nel 1993. Il nome di Nicoletti compare ovunque negli anni della mala romana. In Romanzo Criminale è “Il Secco”. Nella realtà aveva rapporti con la corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, in particolare con Vittorio Sbardella, detto “lo Squalo”. Nel 2020 muore da uomo libero. Due anni prima, racconta un’inchiesta, suo figlio Antonio avrebbe incontrato il latitante Matteo Messina Denaro per agevolare una visita oncologica all’Ifo.
La Villa Osio, oggi Casa del Jazz, è stata sequestrata nel 1994 e confiscata nel 2001. La sua storia, però, continua a tirare su dal fondo residui di un passato pesante, appiccicoso, che Roma non ha mai davvero chiuso in un cassetto. Oggi, mentre una ruspa cerca di raggiungere la botola che potrebbe aprire la strada alla sala murata, ci si chiede se questi scavi possano finalmente dare una risposta. O se aggiungeranno solo un altro strato di mistero.