Roma, ritrovato lo studente 19enne Mario Buldorini: è in salute e si era allontanato volontariamente

Mario Buldorini

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È finito l’incubo per la famiglia di Mario Buldorini, lo studente di 19 anni scomparso da Roma lo scorso 2 ottobre. Dopo cinque giorni di silenzio, di telefonate senza risposta e di ore scandite dall’ansia, il giovane è stato ritrovato in buone condizioni di salute. Nessun sequestro, nessun atto violento dietro la sua scomparsa: si era allontanato volontariamente, come ha confermato lui stesso ai carabinieri.

Il lieto fine non cancella la tensione vissuta in queste ore né le domande che restano aperte. Perché un ragazzo apparentemente sereno, brillante e inserito nella vita universitaria, sceglie di sparire nel nulla senza avvisare nessuno?

Lo studente modello di Recanati

Mario era arrivato a Roma da Recanati, la cittadina marchigiana che diede i natali a Giacomo Leopardi. Un ragazzo educato, studioso, con un futuro tracciato: studente di Medicina e Chirurgia al Campus Biomedico di Trigoria, dove si era trasferito da poco per il primo anno di università.

Chi lo conosce lo descrive come un giovane riservato ma determinato, amante dello sport e delle passeggiate nel verde. Nessun segnale evidente di disagio, nessuna lite o relazione complicata alle spalle. Eppure, qualcosa si è incrinato in quei giorni di inizio ottobre, spingendolo a un gesto tanto improvviso quanto inspiegabile.

La scomparsa: cinque giorni di silenzio

Il 2 ottobre Mario non si è presentato a lezione. Il telefono, da quel momento, è rimasto irraggiungibile. Nessun messaggio, nessuna attività sui social, nessun movimento bancario. Il suo nome è finito rapidamente negli elenchi delle persone scomparse, con la famiglia precipitata in una spirale di paura e angoscia.

Le ricerche si sono estese a tutta la capitale. Volantini, appelli sui social, segnalazioni arrivate da quartieri diversi. La macchina dei soccorsi – carabinieri, protezione civile, volontari – si è mossa con efficienza e discrezione, mentre i compagni di corso del Campus diffondevano l’immagine del giovane, nella speranza che qualcuno potesse riconoscerlo.

Il ritrovamento: la fine di un incubo

La svolta è arrivata ieri pomeriggio. I carabinieri lo hanno individuato e raggiunto, dopo una segnalazione arrivata da un passante. Mario è apparso stanco, ma sereno. È stato accompagnato in caserma, dove ha raccontato di essersi allontanato per scelta personale, senza costrizioni né minacce.

Le visite mediche hanno confermato che sta bene. Nessuna ferita, nessun segno di violenza. Solo la stanchezza di chi ha vissuto per giorni in solitudine, lontano da tutto e da tutti.

Le indagini e il rispetto della privacy

Le autorità mantengono il massimo riserbo sulle circostanze precise del suo allontanamento. Non si escludono motivazioni personali o un momento di difficoltà legato al cambio di vita, alla pressione universitaria o alla lontananza da casa. Ipotesi, per ora, che restano sullo sfondo.

I carabinieri hanno archiviato la vicenda come “allontanamento volontario”, ma il caso ha sollevato un tema più ampio: la fragilità dei giovani che lasciano la propria città per studiare altrove, spesso schiacciati dal peso delle aspettative e dalla solitudine delle grandi metropoli.

Roma, la città che accoglie e isola

Roma, per chi arriva da fuori, può essere insieme una promessa e un labirinto. Le sue strade infinite, i quartieri dormitorio, le giornate trascorse tra lezioni e autobus affollati. Molti studenti, come Mario, si ritrovano a fare i conti con un senso di spaesamento profondo, difficile da confessare anche ai familiari.

Il caso Buldorini, fortunatamente risolto senza tragedie, è un campanello d’allarme. Non solo per le istituzioni universitarie, chiamate a offrire più ascolto e supporto psicologico agli studenti, ma anche per una società che spesso confonde l’indipendenza con l’isolamento.

Un sospiro di sollievo

Oggi la famiglia Buldorini può tirare un sospiro di sollievo. Mario è tornato a casa, circondato dall’affetto dei suoi cari e dal rispetto di chi ha seguito la vicenda con partecipazione. “Sta bene, e questo è ciò che conta”, ha detto il padre, ringraziando le forze dell’ordine per il lavoro svolto con discrezione e rapidità.

Una storia che poteva trasformarsi in tragedia, ma che si è chiusa con un lieto fine. E che ci ricorda quanto, dietro ogni scomparsa, possa nascondersi non solo un mistero, ma una fragilità umana che merita di essere compresa prima ancora che giudicata.