Roma ‘scarica’ la ragazza con disabilità gravissima, il Tribunale: “Il Campidoglio deve pagare subito”
Roma, c’è una frase che, tradotta dal burocratese, suona così: “Non paghiamo l’assistenza della ragazza disabile residente a Roma centro, Asl Roma 1”. E quando il caso riguarda una ragazza con disabilità gravissima, ospitata in una struttura specializzata, perché la famiglia non può gestirla a casa senza rischi, diventa una scelta politica prima ancora che un atto amministrativo, che grava su sindaco Gualtieri e assessore a Servizi Sociali e Salute, Barbara Funari. Roma – che ‘spende e spande’ – giustamente – per le spese di assistenza sociale, psicologiche, mediche delle persone fragili e senza tetto – ha provato a tirarsi fuori, a ‘sfilarsi’, in questo caso, per non pagare il conto dell’assistenza sanitaria. Ma ripartiamo dall’inizio. Il Tar Lazio ha fermato la Capitale con una sentenza appena pubblicata: i giudici amministrativi hanno annullato il ‘No’ del Campidoglio con cui l’Amministrazione Gualtieri tentava di dribblare le spese mediche di assistenza per la ragazza gravemente disabile dalla nascita, perché – secondo i giudici di primo grado – la continuità dell’assistenza non si interrompe per un rimpallo di carte tra enti su chi deve pagare le spese.
La sentenza che mette in imbarazzo il Campidoglio
Il provvedimento è fresco di pubblicazione: 17 dicembre 2025, sentenza n. 22886/2025 del Tar Lazio (Per leggere la sentenza, clicca qui). I giudici annullano la determinazione con cui Roma Capitale, il 22 novembre 2024, aveva escluso la copertura economica delle spese per l’assistenza di una giovane con bisogni complessi, ospitata stabilmente in una casa famiglia nel territorio di Roma. Il Tribunale non fa sconti: quando c’è una persona fragile al centro, lo Stato non può permettersi il giochino dello ‘scaricabarile’.
Il rimpallo: Regione, Asl, Comune. E in mezzo resta la persona
Nella ricostruzione del Tar, per anni la retta è stata sostenuta dal sistema sanitario regionale tramite Asl Roma 1. Poi, nel 2024, qualcosa cambia: la Regione Lazio ridisegna la copertura e invita le Asl a cessare i pagamenti per i ricoveri socio-assistenziali. Da lì, Roma sostiene di non poter più garantire la “provvista” e mette nero su bianco il “no”. La famiglia ricorre. E già a febbraio i giudici, in via d’urgenza, sospendono il provvedimento capitolino: segnale chiaro che la vicenda non era una semplice lite contabile.
Il Tar: la delibera regionale non è un alibi per lavarsene le mani
Il Campidoglio ha indicato una giustificazione: una delibera regionale che, a loro dire, avrebbe “coperto” solo un numero limitato di casi, legati a un elenco storico. Ma il Tar smonta l’argomento: quella delibera non è un lucchetto che impedisce al Comune di Roma di intervenire. È un atto di programmazione economica. Tradotto: se la Regione smette di pagare, non nasce un divieto per Roma. Nasce, semmai, un obbligo di Roma di farsi carico della continuità del servizio, senza usare la burocrazia come scudo. in sostanza, nella stessa misura in cui Roma paga per senza tetto, fragili e rom, deve pagare l’assistenza anche a questa ragazza.
Politica chiamata in causa: Gualtieri e Funari non possono voltarsi
A questo punto la questione smette di stare nei faldoni e arriva dove deve arrivare: nella stanza della politica. Perché il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessora ai Servizi sociali e alla Sanità Barbara Funari non possono cavarsela con un “è competenza di altri”. La sentenza dice l’opposto: i disallineamenti tra amministrazioni non possono ricadere sulla persona con disabilità e sulla sua famiglia. Se ci sono errori procedurali o tensioni di bilancio, si chiariscano nei rapporti tra enti. Ma l’assistenza non può diventare la prima vittima del rimpallo.
Continuità assistenziale: non è uno slogan, è una linea rossa
Il Tar mette in evidenza un punto che chiunque capisce: l’interruzione dell’assistenza sarebbe un salto nel vuoto, con rischi seri per la persona e un impatto devastante sui familiari. E chiarisce anche un altro elemento: per come la vicenda è stata trattata negli atti, qui non si parla di “cure ospedaliere”, ma di un bisogno quotidiano di accoglienza e assistenza stabile, quello che — nella sostanza — ricade sul Comune quando una persona è residente e deve vivere in una struttura. Morale: il “no” del Campidoglio viene cancellato.
Ricorso al Consiglio di Stato: sì, si può. Ma a che prezzo?
Roma, sul piano teorico, può provare a ribaltare tutto davanti al Consiglio di Stato. È una strada possibile. Ma è anche la strada che rischia di produrre ciò che i cittadini detestano: altro tempo, altri soldi, altro logoramento, soprattutto per una famiglia che chiede solo stabilità e continuità. Dopo una sentenza così, l’aspettativa più diffusa non è il prossimo grado di giudizio: è che il Campidoglio trovi in fretta una soluzione concreta, senza nuovi strascichi. Perché in questa storia la domanda è semplice: davvero Roma vuole spendere energie per resistere, invece che per garantire subito l’assistenza a chi non può aspettare, come una ragazza con disabilità gravissima?