Roma, scuole occupate e devastate, i presidi scrivono al prefetto: “Così pagano gli studenti e i cittadini”
A Roma i presidi alzano la voce e scelgono la strada più politica: una lettera diretta al sindaco Roberto Gualtieri e al prefetto Lamberto Giannini. Il messaggio è netto: basta occupazioni, basta “rito” che ogni anno si ripete e lascia dietro di sé classi chiuse, tensioni e conti da pagare. A firmare sono Mario Rusconi e Cristina Costarelli, vertici romani dell’Associazione nazionale presidi.
Dal Giulio Cesare al Carducci: quando la protesta diventa macerie
Il punto di rottura, spiegano i dirigenti, è arrivato dopo mesi complicati: dal liceo Giulio Cesare fino ai casi più gravi. Al Carducci, ad esempio, si è parlato di devastazioni e danni pesanti a strutture e strumenti della scuola. E al Righi l’occupazione si è intrecciata con episodi di tensione esterna: giovani incappucciati, tentativi di forzare l’ingresso e slogan che hanno riportato in aula un clima da scontro ideologico. Nel mezzo, studenti e famiglie: chi chiede ascolto e chi chiede semplicemente di tornare a fare lezione.
Il conto non è “della scuola”: è della città intera
Qui sta il nodo politico: gli edifici delle superiori spesso non sono “dei presidi”, ma del Comune o della Città metropolitana. Quindi, quando si rompono porte, impianti o laboratori, il risarcimento arriva dalla spesa pubblica. In altre parole: non paga un’entità astratta, pagano i cittadini. Ed è questo il punto che i presidi vogliono portare sul tavolo del Campidoglio e della Prefettura: il danno non è solo educativo, è anche economico e collettivo.
Le lezioni perse colpiscono sempre gli stessi
I presidi insistono su un aspetto spesso ignorato: l’occupazione non pesa uguale su tutti. Chi ha una famiglia che può permettersi ripetizioni e recuperi privati magari rientra in carreggiata. Chi è già in difficoltà, invece, resta indietro. E così una protesta che nasce “per i diritti” rischia di diventare un boomerang proprio per gli studenti più fragili. Nel frattempo si diffonde un messaggio pericoloso: l’idea che tutto sia consentito e che le regole siano negoziabili a colpi di serrature forzate.
Sanzioni, voti e gite cancellate: la risposta che divide
Negli ultimi giorni il tema è esploso anche per le contromisure: provvedimenti disciplinari, voti in condotta, e persino viaggi d’istruzione già programmati messi a rischio. Decisioni che spaccano la comunità scolastica, perché toccano la vita concreta degli studenti e delle famiglie. Ma la domanda che rimbalza nei corridoi è sempre la stessa: se le istituzioni non riescono a prevenire e governare il fenomeno, chi deve farlo? Il preside finisce in trincea, mentre sindaco e prefetto vengono chiamati a una responsabilità che non può restare solo “di principio”.
L’uscita dal tunnel: spazi veri per i giovani, non serrature rotte
Nella lettera però c’è anche una proposta: trasformare l’energia dei ragazzi in qualcosa di utile, fuori dalla logica “o occupi o ti zittisci”. I presidi chiedono spazi e progetti extracurricolari dove coltivare talenti e passioni: musica, teatro, cinema, robotica, intelligenza artificiale, laboratori, lettura critica dei giornali, percorsi sull’adolescenza. È un invito chiaro alla politica romana: se vuoi disinnescare lo scontro, devi offrire alternative credibili. Altrimenti, ogni autunno, il copione ricomincia identico.