Roma segreta nel Municipio VII: Porta Furba e i racconti di via dei Cessati Spiriti

Nel cuore del VII Municipio di Roma, all’incrocio tra via Tuscolana e via dell’Acquedotto Felice, sorge un angolo suggestivo e poco conosciuto della Capitale: Porta Furba. Qui, storia e leggenda si intrecciano con l’architettura rinascimentale e con il folklore romano. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, incorniciato dall’imponente Acquedotto Felice, costruito su iniziativa di Papa Sisto V nel XVI secolo. Non solo un’opera ingegneristica, ma anche un simbolo di Roma che resiste al tempo.
Il significato ambiguo del nome Porta Furba
Il nome “Porta Furba” ha origini incerte, avvolte nel mistero e nella tradizione orale. Secondo un’interpretazione, deriverebbe dal latino “fur”, cioè “ladro”, per via delle bande di briganti che un tempo infestavano la via Tuscolana, pronti ad assalire viaggiatori e mercanti di passaggio. Altri studiosi, invece, fanno risalire il nome alla parola medievale “formae”, usata per indicare gli antichi acquedotti romani, e presente in alcune mappe del Cinquecento come “ad formas”.

L’arco monumentale che oggi chiamiamo Porta Furba fu realizzato tra il 1585 e il 1587, per volontà di Papa Sisto V, all’interno di un progetto molto più ampio: restituire acqua alla città attraverso la costruzione del nuovo acquedotto Felice. Il ponte, in travertino e peperino, si erge nel punto in cui l’acquedotto attraversa la via Tuscolana. Conosciuto anche come “arco delle Pere”, prende questo soprannome dai grappoli di frutta scolpiti sulla struttura, chiaro riferimento allo stemma papale del pontefice Felice Peretti.
La Fontana Bella
Accanto all’arco, nel 1733, Papa Clemente XII decise di restaurare un’antica mostra d’acqua, dando vita alla splendida Fontana Bella. Attribuita con ogni probabilità all’architetto Luigi Vanvitelli, la fontana si presenta in travertino e si distingue per un grande mascherone alato, che riversa l’acqua in una vasca a forma di conchiglia. Lo stemma pontificio e una lunga iscrizione commemorativa ricordano l’intervento papale e il ruolo fondamentale della fontana come punto di ristoro per i viaggiatori, in un’epoca in cui l’acqua pubblica rappresentava non solo un bene essenziale ma anche un simbolo di civiltà e accoglienza.
Questa fontana rimase attiva per secoli, alimentata dalle condotte dell’Acquedotto Felice. Oggi è ancora visibile, anche se spesso trascurata, e rappresenta un prezioso esempio di arte idraulica barocca in un contesto urbano ormai moderno.
Via dei Cessati Spiriti
Poco distante, sempre nel territorio del VII Municipio, si trova un altro luogo dalla forte carica evocativa: via dei Cessati Spiriti. Il toponimo, tanto suggestivo quanto inquietante, affonda le radici nelle leggende popolari della campagna romana. Si racconta che, in epoche passate, questa strada fosse teatro di inspiegabili sparizioni di carri e viandanti, forse vittime dei briganti nascosti tra i canneti e gli alberi che un tempo ricoprivano la zona.
Secondo la tradizione, la situazione cambiò soltanto dopo l’installazione di un’edicola sacra, che avrebbe “placato” le anime tormentate: da quel momento, “gli spiriti cessarono” di manifestarsi. Il nome rimase, tramandato nei secoli, e fu ufficializzato nel 1945, in seguito alla rettifica urbanistica dell’Appia Nuova.

Oggi, via dei Cessati Spiriti è una strada secondaria in mezzo ai quartieri moderni, ma conserva tutto il fascino oscuro delle sue storie, tanto da essere stata scelta da Federico Fellini per una scena del film “La Dolce Vita”. Un frammento di cinema che ha immortalato per sempre l’aura enigmatica di questo angolo di Roma.
Un patrimonio da riscoprire
Nonostante sia spesso trascurata dalle guide turistiche, l’area di Porta Furba rappresenta un raro esempio di continuità storica e culturale: dai fasti dell’Impero ai progetti pontifici, dalle leggende popolari alle apparizioni cinematografiche. In questo angolo silenzioso di Roma, ogni pietra racconta una storia, ogni nome porta con sé memorie antiche, tra fede, paura e bellezza.