Roma, sgombero al Circolo Belle Arti, Rigamonti accusa Onorato: “Legalità di facciata e zero dialogo”
Aveva detto che erano morosi da 21 anni. E per questo li aveva mandati via. E, tra squilli di trombe e annunci sui giornali, aveva annunciato, a inizio luglio, “Abbiamo ripristinato legalità al “Circolo Belle Arti”, in via Flaminia 158. Ma quanto detto e fatto dall’assessore ai Grandi eventi, sport, turismo e moda del Comune di Roma Alessandro Onorato viene contestato, punto per punto, dal presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Circolo Tennis Belle Arti 1918 Stefano Rigamonti.
Circolo delle Belle Arti, lo sgombero a luglio
Quando il Comune proclama di aver “ripristinato la legalità”, sui social scattano i selfie e in conferenza stampa si cerca la posa giusta. Poi però c’è la vita reale: le persone rimangono senza lavoro, i ragazzi senza campo e chi vive il luogo ogni giorno resta fuori dal racconto ufficiale. A quattro mesi dallo sgombero, quindi a mentre freddissima, Rigamonti non si accontenta della replica di rito. Non contesta solo il provvedimento, ma la narrazione con cui è stato accompagnato. Là dove Onorato ha parlato di morosità ventennale e di una “decadenza” gestionale, Rigamonti legge numeri diversi, documenti prodotti, richieste di incontro ignorate e, soprattutto, vittime concrete: oltre 40 addetti ora senza lavoro e un impianto privato alla collettività e costretto a chiudere.
Rigamonti: “Sberleffo istituzionale”
Secondo Rigamonti, le frasi trionfali dell’assessore contengono dichiarazioni inesatte e diffamatorie. Il debito che Onorato ha citato come 466.000 euro sarebbe, per il presidente del Circolo delle Belle Arti, “la somma gonfiata e riferibile a gestioni precedenti”. “Una fake news istituzionale”, replica oggi Rigamonti. Il presidente dell’associazione chiarisce che i debiti risalgono al precedente gestore e ammontano a 237mila euro, non ai 466mila sbandierati. “E parliamo di cartelle contestate e in corso di giudizio, con udienza fissata al 2027. Ma nessuno si è degnato di ascoltarci, nemmeno una risposta alle numerose PEC inviate all’Assessorato nel corso del tempo”. Ma questo non avrebbe impedito al Comune di marciare sulla versione più spettacolare della vicenda.
Rigamonti, alla guida del circolo dal 2016, sostiene di aver salvato l’impianto dal degrado, investendo di tasca propria per riqualificarlo, senza mutui né debiti, e di aver sempre pagato i canoni concessori. “Abbiamo chiesto un incontro per chiarire tutto, portando documenti e bilanci – racconta – ma l’unica risposta che abbiamo ricevuto è stato lo sgombero. Un paradosso tutto romano: chi lavora e paga viene cacciato, chi non rispetta le regole resta al suo posto. Questa sarebbe la legalità secondo l’assessore Onorato. Ci hanno trattato come disonesti”, sottolinea, ricordando che “l’associazione conta 150 iscritti, tra professionisti, fondazioni, enti e Onlus che frequentavano il centro, tra i quali anche riferimenti prestigiosi come il Ministero della Marina, la Presidenza del Consiglio e il Comando Regionale dei Carabinieri“.
Il presidente parla di un’operazione condotta con leggerezza, “senza curarsi delle proprietà di terzi” e con un unico effetto concreto: chiudere un impianto funzionante frequentato da oltre 300 ragazzi, famiglie e anziani.
Interessi privati?
Rigamonti denuncia anche la totale assenza di confronto: “Abbiamo scritto decine di volte, chiesto tavoli tecnici, offerto soluzioni in autotutela per continuare l’attività, ma nessuno ci ha mai risposto.
Un comportamento che definirei arrogante, non certo trasparente”. Lo sgombero ha causato anche licenziamenti. “In seguito allo sgombero abbiamo perso oltre 40 posti di lavoro. Nessun sostegno concreto è stato offerto: di questo non parla nessuno sui comunicati trionfali”, commenta Rigamonti. E poi ancora: “La chiusura ha anche prodotto un danno erariale, perché il Comune non incassa i canoni e dovrà spendere per la sicurezza e la manutenzione del sito”.
Nel mirino di Rigamonti anche i presunti “retroscena” dell’operazione: “Abbiamo motivo di credere che tutto questo servisse a favorire un ente privato interessato all’area. L’impianto era pubblico, funzionante, vivo. Ora è chiuso, e a pagarne il prezzo sono i cittadini”. E poi parla di “menefreghismo istituzionale” e “abuso di potere” da parte di chi avrebbe “ridacchiato” durante le operazioni di sgombero. “Un modo di gestire la cosa pubblica che offende chi lavora onestamente e crede ancora nella partecipazione. Altro che sport e inclusione”.
“Legalità? Solo quando conviene”
Il presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Circolo Tennis Belle Arti 1918 chiude in modo durissimo. “Onorato parla tanto di legalità e serietà, ma in questa storia di serio non c’è nulla. Abbiamo perso un centro sportivo storico, centinaia di ragazzi hanno perso un punto di riferimento, e il Comune ha perso credibilità”. Poi l’affondo finale: “Hanno chiuso un circolo vivo, ma per farne che? È una vergogna”.
Alla fine dei conti, il nodo non è più solo il campo sportivo sgomberato, ma la gestione politica. Rigamonti parla di atti unilaterali, nessuna risposta, nessun confronto, e mette sul tavolo numeri, documenti e testimoni. E allora la domanda è inevitabile: dov’è la trasparenza? Perché se il Comune non smentisce con fatti, più che con slogan, questa storia rischia di diventare l’ennesimo simbolo di una capitale che predica legalità ma pratica opacità. A Onorato resta una scelta semplice: aprire finalmente un tavolo e chiarire ogni punto, oppure restare dietro i comunicati e lasciare che a parlare siano i cancelli chiusi e i cittadini delusi.