Roma s’indebita (ancora) per il restyling dei tre parchi di periferia: il debito continua a salire


Roma, la decisione di riqualificare tre aree verdi periferiche — Parco Ranelletti, Parco Vanni e Parco Guerra, nel quartiere Massimina del Municipio XII — può sembrare una buona notizia per i residenti e probabilmente lo è: i lavori sono già in pieno corso di svolgimento. Un segno che, nonostante anni di trascuratezza, qualcuno a Campidoglio ha pensato anche al decoro urbano. Ma la cifra che sta dietro a questo “sistema verde” non è da poco: circa 370 mila euro per l’intero intervento.

E qui emerge il nodo politico-finanziario: quei 370 mila euro non sono usciti da un tesoretto disponibile. Si tratta di un mutuo, un ennesimo mutuo, contratto con Cassa Depositi e Prestiti (CDP), l’istituto pubblico che finanzia le opere locali usando risparmi e fondi statali.

Verde sì, ma… a credito

Chi vive in Massimina potrebbe apprezzare panchine rimesse, vialetti curati, erba potata — insomma, un’area più vivibile. Ma sono domande legittime: ha senso caricare un’ulteriore fetta di debito sulla città — già stretta dal peso dei mutui — per operazioni che spesso in altre città sarebbero routine di manutenzione ordinaria?

Non è un mistero che Roma negli ultimi anni ha accumulato ingenti debiti: secondo fonti interne, i finanziamenti e i mutui presi finora sfiorano cifre stimate in mezzo miliardo di euro e sono destinati a salire. Di fatto, allora — e a maggior ragione oggi — ogni euro speso “a credito” è un impegno che i romani, presenti e futuri, dovranno onorare.

Qualità della vita… o debito che cresce?

I tre parchi della Massimina sono un segnale che l’amministrazione fa qualcosa di “visibile”. Ma il dubbio resta: è un segnale di risanamento o l’ennesima toppa su un bilancio che si lacera da dentro? Il vero tema politico è questo: se ogni metro di verde, ogni marciapiede restaurato, ogni panchina riparata richiede l’attivazione di un mutuo, Roma rischia di restare intrappolata in un circolo vizioso.

Servirebbe una strategia diversa: manutenzioni ordinarie garantite, risorse certe e trasparenti, decisioni coerenti e durature. Non interventi “una tantum” coperti da prestiti. Ma finché il paradigma resta “mutuo = manutenzione”, la città non potrà mai guardare davvero al futuro con fiducia.

A chi giova, davvero, questo verde “in prestito”?

Le risorse investite migliorano — almeno in parte — la qualità urbana. Ma chi paga il conto finale? I contribuenti romani — oggi e domani — sotto forma di debiti da restituire, tasse da aumentare o servizi da tagliare. E il rischio vero, in assenza di una svolta strutturale, è che quella che oggi appare come “una miglioria” si trasformi in un ulteriore fardello sul bilancio collettivo.

In fondo, rimettere a nuovo tre parchi è un segnale di cura. Ma farlo con mutui— e senza un progetto di risanamento — rischia di dire più della fragilità finanziaria della Capitale che del suo impegno verso i cittadini.

Se vuoi, posso provare a scrivere tre versioni alternative — con toni diversi: uno «immediato e acuto», uno «descrittivo e neutro», uno «critico e provocatorio» — per adattare l’articolo a diversi giornali o pubblici. Vuoi che lo faccia subito?