Roma, slitta il maxi bando per Inceneritore e ‘impianti di servizio’ (su cui pende l’esposto della Raggi)

Roma, il Campidoglio ha deciso di rinviare di due settimane la scadenza del bando europeo relativo alla progettazione e gestione di Inceneritore e impianti “ancillari”, ossia quelli che saranno al servizio del futuro inceneritore. Parliamo dell’impianto brucia rifiuti da 600mila tonnellate annue – un vero colosso troppo grande anche per le esigenze pur elevate della Capitale – che il sindaco Roberto Gualtieri pretende di realizzare a Roma sud, nel IX Municipio. Le strutture industriali sorgerebbero su un terreno di proprietà Ama posto proprio al confine con Albano Laziale, Ardea e Pomezia.
Il bando appena rinviato dal Campidoglio, dal valore di circa 50 milioni di euro, è relativo anche impianti ancillari, ossia quelli dedicati tra le altre cose anche alla “mitigazione – così riportano le carte – delle emissioni di anidride carbonica e l’ottimizzazione della distribuzione dei vettori energetici“. La nuova data di scadenza del bando è fissata per il 30 settembre 2025, con apertura delle offerte spostata al 1° ottobre.

Roma, rinvio tecnico, su cui pesa anche l’esposto della Raggi?
Il Campidoglio parla di un rinvio tecnico, giustificato dall’amministrazione con l’obiettivo di favorire la “massima partecipazione” e che avrebbe avuto luogo su richiesta – così scrive il Campidoglio stesso – di uno dei partecipanti preoccupato dalla “Complessità del bando“. Ma il contesto in cui questa proroga si colloca è tutt’altro che neutro, dal punto di vista politico e giudiziario. Sul progetto degli impianti ancillari al servizio dell’inceneritore pende, difatti, un recente esposto alla Corte dei Conti presentato da Virginia Raggi e da altri esponenti politici, che contesta la legittimità e la sostenibilità economica dell’intera operazione.
L’ombra dei 40 milioni pubblici
Al centro dello scontro politico e finanziario c’è, per l’appunto, l’investimento da 40 milioni di euro di denaro pubblico stanziato da Roma Capitale proprio per gli impianti ancillari. Soldi che verrebbero ‘sottratti’ dal bilancio del Comune di Roma. Le strutture di servizio dovrebbero ridurre l’impatto ambientale del ‘termovalorizzatore’, ma rischiano di trasformarsi in un buco nero per le casse cittadine, salmeno econdo i politici che hanno presentato l’esposto.
La tecnologia che divide
Il punto più controverso resta la cattura della CO2 attraverso il sistema di Carbon Capture and Storage (CCS). Il progetto prevede che gli impianti ancillari trattengano solo 400 tonnellate di CO2 l’anno su circa 600.000 tonnellate prodotte dal termovalorizzatore: appena lo 0,066%. Numeri che, messi nero su bianco, svelerebbero una promessa mancata, secondo Raggi e colleghi. Altro che abbattimento del 90% delle emissioni, come proclamato inizialmente da Gualtieri. Qui si rischierebbe – sempre secondo Raggi e colleghi – di finanziare un impianto quasi inutile dal punto di vista climatico, ma costosissimo da mantenere. Un investimento che, sempre secondo i firmatari dell’esposto, graverà sulle tasche dei contribuenti senza apportare reali vantaggi ambientali.
Un contratto a rischio squilibrio?
Non meno allarmante è la struttura del contratto di concessione. Diverse clausole sembrerebbero tutelare- secondo Raggi e colleghi – quasi esclusivamente il concessionario a scapito di Roma e dei romani. Se il termovalorizzatore dovesse perdere la qualifica di “impianto minimo” o se i conferimenti di rifiuti si rivelassero inferiori alle previsioni, sarebbe comunque il Comune a dover coprire le perdite. Perfino in caso di risoluzione per inadempimento da parte del concedente, il concessionario avrebbe diritto a incassare il valore dell’opera, le penali e un indennizzo per il mancato guadagno. Un paradosso che rafforza l’impressione di un rapporto contrattuale sbilanciato e di un rischio interamente scaricato sulla collettività.

Il nodo politico e ambientale
Il rinvio del bando, per quanto motivato con ragioni procedurali, cade in un momento politicamente delicatissimo. Da un lato, il sindaco Roberto Gualtieri punta tutto sulla realizzazione del ‘termovalorizzatore’ come asse portante della sua strategia rifiuti. Dall’altro, l’opposizione guidata da Virginia Raggi continua a denunciare il progetto come un colossale errore strategico. Sestinato a ostacolare la transizione ecologica e a smentire gli impegni assunti dall’Italia con l’Unione Europea. La domanda resta inevasa: Roma vuole davvero affidare il futuro della gestione dei rifiuti a un inceneritore dai contorni controversi, rischiando di sacrificare le alternative legate a riciclo e differenziata?
Una vicenda ancora aperta
La magistratura contabile sarà chiamata a pronunciarsi sull’esposto e a valutare se l’imponente investimento pubblico sia compatibile con i principi di tutela ambientale e sostenibilità economica. Nel frattempo, ogni proroga, ogni clausola e ogni dato tecnico rafforzano la sensazione che Roma stia giocando una partita rischiosa, il cui esito potrebbe segnare il destino della città per decenni.
