Roma, sosta selvaggia all’Alessandrino e Centocelle: auto su marciapiedi e strisce pedonali. ‘Slalom’ dei pedoni tra promesse e fallimenti dell’Amministrazione

Da una parte la mancanza cronica di parcheggi. Dall’altra quella di sicurezza per i pedoni, per colpa delle auto lasciate in doppia fila, sui marciapiedi, davanti ai cancelli o sulle strisce pedonali. È una Roma a due facce. E un comune denominatore. I problemi irrisolti. «Nel mio quartiere ogni giorno i pedoni rischiano la vita». Sono le parole di Francesco, che vive da tantissimi anni all’Alessandrino, nel quadrante Est della Capitale, e che non sono uno sfogo isolato ma il ritratto crudo di una quotidianità insostenibile.
Strade senza marciapiedi all’Alessandrino e a Centocelle, carreggiate ridotte a causa della sosta selvaggia, anziani che rischiano di cadere perché non sanno dove mettere i piedi, genitori con passeggini e persone con disabilità costretti a camminare tra le auto: questa è la fotografia di Roma che arriva dalla periferia. Ma non è che il centro stia meglio. È ora di chiamare le cose col loro nome: non è solo degrado, è una emergenza di sicurezza ignorata.

L’Alessandrino in balìa della sosta selvaggia
«Ho segnalato decine di volte la situazione alla Polizia Locale, agli uffici tecnici, al Municipio, al Gabinetto del Sindaco e persino al Ministero delle Infrastrutture», racconta Francesco. «A gennaio 2025 è stato effettuato un sopralluogo ufficiale… ma, dopo la dichiarazione, il silenzio. Nessun intervento. Nessun cambiamento».
La cronologia che accompagna quanto racconta alla nostra redazione il cittadino è un dossier di lettere, PEC, sopralluoghi e promesse. Eppure, di notte e di giorno, le auto continuano a occupare i pochi marciapiedi esistenti, gli attraversamenti vengono regolarmente invasi e le fermate dell’autobus si trasformano in posteggi abusivi.
Problemi veri, promesse vane
Le strade di cui parla il residente (via dell’Alloro, via dei Salici, via delle Spighe, via del Fosso di Centocelle, via dell’Edera, via del Grano, via delle Ciliegie, via dei Girasoli, via del Campo), non sono scelte a caso. Si tratta di strade dove la qualità dello spazio pubblico è precipitata. Segnalazioni locali confermano marciapiedi inservibili e cantieri abbandonati che costringono i pedoni in strada.
Sul fronte delle soluzioni, finora ci sono state solo promesse, ma zero risultati concreti. Si parla spesso di parcheggi di scambio collegati alla Metro C e di progetti di riqualificazione. Il parcheggio di scambio per la fermata Teano, pensato per centinaia di posti auto e per alleggerire la pressione sulla sosta in strada, è stato rilanciato nelle ultime settimane, ma è ancora tutto sulla carta o in fase di avvio lavori. Se realizzato, potrebbe alleggerire parte della pressione sulla sosta. Ma se ritardato, resta solo un’altra promessa che non tutela chi oggi cammina per strada. Sia in auto che a piedi.
I documenti ufficiali sulla mobilità cittadina e i rapporti sui flussi confermano che Roma Est soffre di squilibri infrastrutturali: la progettazione spesso non segue la realtà del quartiere e i piani faticano a tradursi in cantieri risolutivi. Però il sindaco di Roma Roberto Gualtieri nel frattempo fa proclami sul Tevere balneabile entro 5 anni. Magari potrebbe pensare a un Tevere con i parcheggi inclusi, potrebbe essere un’idea innovativa…
“Quella macchina là devi metterla qua”
Ma, ironia a parte, chi vive ad Alessandrino non ignora che la questione dei parcheggi è reale: mancano posti auto e si generano code e disagi. “Quella macchina là devi metterla qua”, cantava Francesco Salvi nel 1988 nel suo tormentone “C’è da spostare una macchina”. Ma qui ce ne sarebbero da spostare centinaia di migliaia. E il problema è che non si sa dove metterle.
«C’è chi, nei gruppi Facebook locali, mi prende di mira e attribuisce a me la colpa delle multe, non ai trasgressori», ci racconta Francesco. Il guaio è che questa frattura sociale diventa alibi per chi non interviene: la scusa del “non ci sono posti” non può giustificare la trasformazione dei marciapiedi in parcheggi o l’occupazione di passaggi pedonali e cancelli d’ingresso.
Le associazioni per i diritti dei pedoni hanno da tempo documentato come l’assenza di strutture pedonali adeguate aumenti il rischio per i più fragili. La trasformazione di uno spazio pubblico in una lunga fila di auto non è una politica della mobilità: è un’ingiustizia quotidiana.
Perché le istituzioni non intervengono? Il rimpallo che uccide la responsabilità
Francesco denuncia un classico scambio di responsabilità: uffici che si rimbalzano la competenza, strade “private ad uso pubblico” citate come alibi e sopralluoghi che non trovano budget. «Ho anche ricevuto una telefonata anonima che mi invitava a smettere di segnalare», ci confida indignato. Questo clima di scoraggiamento produce non solo impunità per i trasgressori, ma isolamento per chi tenta di difendere il diritto alla sicurezza.
La giurisprudenza chiarisce che il Comune ha obblighi di intervento sulle strade aperte al transito pubblico, indipendentemente dalla proprietà catastale. È un punto tecnico che dovrebbe tradursi in progetti concreti: marciapiedi, attraversamenti rialzati, rimozione posti impropri e controlli mirati.
Cosa chiedono i pedoni
Francesco, e insieme a lui tanti altri pedoni del quartiere, non vuole più promesse e proclami. Chiede marciapiedi veri, controlli efficaci e parcheggi di scambio attuati, non annunciati. «Attendo una mobilitazione vera, e non intendo smettere di segnalare finché non sarà garantito… il diritto fondamentale di camminare in sicurezza», conclude.
Quello che serve è cantieri mirati per il rifacimento dei marciapiedi nelle vie più critiche, installazione di attraversamenti pedonali rialzati davanti alle scuole, avvio operativo e veloce dei parcheggi di scambio collegati alla Metro C e, soprattutto, un piano di controllo della sosta senza tolleranza per chi occupa marciapiedi, passi carrabili o strisce pedonali. Ma bisogna capire qual è il problema di fondo: la mancanza di denaro, la burocrazia o l’inerzia?