Roma, stadio Flaminio: il progetto della Lazio di Lotito arriverà in Campidoglio entro settembre

Roma, settembre sarà il mese decisivo per il futuro dello stadio Flaminio. In Campidoglio, la macchina amministrativa è già pronta ad accogliere la documentazione richiesta a Claudio Lotito, presidente della Lazio e promotore della rinascita dell’impianto. Soltanto dopo il completamento dell’invio dei documenti mancanti potrà aprirsi la conferenza dei servizi, il tavolo collegiale chiamato a valutare la fattibilità del progetto. Si tratta del passaggio cruciale per restituire vita e funzione a uno degli impianti più simbolici della Capitale, disegnato dai Nervi per le Olimpiadi del 1960 e da anni in un degrado inaccettabile.
I documenti attesi
Due sono gli atti che ancora mancano e che trattengono l’avvio dell’iter. Da un lato, l’asseverazione del piano finanziario, un documento che deve garantire copertura per i prossimi 98 anni, fino al 2123. Dall’altro, la bozza di convenzione tra la Lazio e il Campidoglio, necessaria per sancire formalmente i rapporti tra il club e il Comune, proprietario dell’impianto. Solo dopo il deposito di questi incartamenti, i tecnici capitolini potranno avviare la complessa macchina di valutazioni.

Conferenza dei servizi imminente
La conferenza dei servizi rappresenta il momento più delicato. Attorno al tavolo si riuniranno tutti i soggetti istituzionali coinvolti: dalla Sovrintendenza capitolina al Dipartimento Mobilità, fino all’Urbanistica e al Patrimonio. Decisivo sarà anche il parere del Ministero della Cultura, custode dell’inestimabile valore storico e architettonico dello stadio. Senza questi passaggi, nessun cantiere potrà aprirsi. Ma dal Campidoglio trapela un cauto ottimismo: se la documentazione arriverà entro settembre, l’iter potrebbe cominciare già nelle prossime settimane.
Una corsa contro il tempo
La Lazio, almeno sulla carta, è la prima ad avere fretta. Lotito ha fissato un obiettivo preciso: portare la capienza dello stadio a 50.750 posti entro il 2029. Ma per rispettare questa tabella di marcia, la burocrazia dovrà chiudersi nella prima parte del 2026. I margini si assottigliano e ogni ritardo rischia di compromettere l’intera operazione. Nonostante questo, il Comune non appare disposto ad attendere all’infinito. Esiste, seppure come extrema ratio, l’opzione di una ristrutturazione con fondi pubblici, che riporterebbe il Flaminio a nuova vita anche senza l’intervento della Lazio.
Un progetto da 438 milioni
I dettagli del progetto sono già noti: l’investimento complessivo ammonta a 438,2 milioni di euro. Una cifra imponente che mira a trasformare l’impianto in un’arena moderna, sicura e funzionale, senza tradire l’identità storica della struttura. Oltre agli interventi architettonici, grande attenzione sarà dedicata alla mobilità, da sempre punto critico della zona. Il Comune ha già previsto per l’area del Flaminio nuovi collegamenti, tra cui il prolungamento della metro C e il passaggio di una linea tramviaria, elementi che rafforzerebbero la sostenibilità del progetto.
Un simbolo da restituire a Roma
Il Flaminio, oggi abbandonato e in rovina, attende di essere restituito alla città. La sua rinascita rappresenterebbe non soltanto un’occasione sportiva per la Lazio, ma anche una straordinaria opportunità di rigenerazione urbana per l’intero quadrante nord di Roma. Dopo anni di degrado e incertezze, la svolta sembra ormai vicina. Tutto dipende dalle carte che Lotito dovrà consegnare a settembre. Da lì, finalmente, potrà partire il conto alla rovescia per il nuovo stadio biancoceleste.