Roma, stalking di 5 capi ultrà della curva nord contro Lotito: “Vendi la Lazio”, indaga la Procura
                    Roma, non più episodi isolati, ma una strategia precisa. Claudio Lotito, presidente della Lazio e senatore di Forza Italia, sarebbe finito al centro di un piano orchestrato per spingerlo a cedere la società biancoceleste. È questa la pista su cui lavora la Procura di Roma, insieme ai carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci. Dietro il boom di chiamate e messaggi intimidatori ricevuti da Lotito, ci sarebbe una regia riconducibile ai vertici del tifo organizzato laziale. Cinque persone risultano oggi indagate per stalking e minacce. Gli investigatori parlano di un vero e proprio “sistema” di pressione psicologica, costruito con metodo e continuità.
Roma, telefonate e minacce a raffica a Lotito
Tutto comincia con una raffica di telefonate e messaggi, sempre sullo stesso tono: “Lotito, ti veniamo a prendere”, “Vendi la Lazio”. Un tormento quotidiano, spesso nelle ore notturne, con frasi che si ripetono come un mantra. Gli investigatori sospettano che non si tratti di azioni isolate ma di una campagna mirata, pianificata e sostenuta da più persone. L’obiettivo è evidente: logorare Lotito, isolarlo, farlo cedere. Gli inquirenti stanno incrociando tabulati telefonici, celle e contatti, per individuare eventuali collegamenti tra gli autori materiali e i referenti del tifo organizzato.
    Il ritorno dell’ombra ultrà della curva nord
Il sospetto è che dietro l’offensiva ci sia un vecchio copione, lo stesso che vent’anni fa trasformò la curva nord in una leva di pressione sul club. Allora, tra il 2005 e il 2006, il patron biancoceleste era già finito nel mirino dei capi ultrà. A guidare quella stagione di scontri c’era Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”, leader degli Irriducibili, poi figura chiave della criminalità romana. Con lui agirono altri noti esponenti della tifoseria, accusati di tentata estorsione ai danni di Lotito, reo — secondo loro — di aver tagliato i privilegi e le forniture di biglietti gratuiti.
Una ferita mai rimarginata tra ultrà e Lotito
Quel processo si concluse nel 2015 con una condanna in primo grado, mai discussa in appello. Ma il segno lasciato da quella vicenda non si è mai cancellato. Da allora, Lotito ha imposto una linea dura: nessun contatto con gli ultrà, nessuna concessione, nessun biglietto omaggio. Una rottura definitiva che ha spaccato la tifoseria e alimentato un rancore profondo. Oggi, secondo gli inquirenti, quel rancore potrebbe essere tornato a galla in una forma più sottile e moderna: una campagna di intimidazioni digitali, costruita con telefonate, chat e social network.
Un pressing che si rinnova
Le indagini stanno cercando di ricostruire la mappa del nuovo fronte ultrà. I carabinieri hanno individuato almeno cinque persone coinvolte, ma non escludono che la rete sia più ampia. Alcuni nomi sono legati a vecchi ambienti della curva, altri a nuove generazioni di tifosi che agiscono online, dove la pressione si moltiplica e il messaggio corre veloce. Le chiamate partono da telefoni diversi, i messaggi da profili anonimi. Dietro, però, sembrerebbe esserci un coordinamento, una “regia” che decide tempi, parole e modalità.
Lotito e la Lazio nel mirino degli ultrà
Per la Procura, il nodo centrale è capire se esista un progetto comune per costringere il presidente a lasciare la guida della Lazio. Gli investigatori non escludono motivazioni economiche o la volontà di riaprire un canale di influenza sulla società. Ma resta soprattutto il profilo del reato di stalking, aggravato dal ruolo pubblico della vittima. Lotito, già in passato bersaglio di minacce e pressioni, si è detto deciso a non arretrare. “Non mi farò intimidire”, avrebbe confidato a chi gli è vicino.
Un segnale che riguarda tutti
Il caso va oltre la cronaca sportiva. Si inserisce in un tema più ampio: il rapporto tra calcio e criminalità organizzata, tra passione e potere. Da anni, le curve di alcuni stadi italiani rappresentano non solo un luogo di tifo, ma anche uno strumento di influenza, capace di condizionare società e istituzioni. L’indagine su Lotito riporta al centro una domanda cruciale: fino a che punto la pressione del tifo può trasformarsi in intimidazione? E quanto lo Stato è pronto a proteggere chi, come lui, decide di dire no ai ricatti?
Una sfida alla legalità nel calcio
Dietro le minacce a Lotito si gioca una partita più grande, quella della trasparenza e dell’autonomia del calcio professionistico. La linea di rigore del presidente biancoceleste ha avuto un costo, ma ha anche segnato una svolta: il rifiuto di qualsiasi compromesso con chi, sotto la bandiera del tifo, cerca vantaggi e potere. Oggi quella scelta torna a essere messa alla prova. Ma per la procura di Roma, l’obiettivo è chiaro: colpire non solo gli esecutori, ma anche chi, nell’ombra, ha orchestrato il nuovo assedio.