Roma Termini, il biglietto per il Giubileo dell’inefficienza: cantieri eterni, verde secco e macchinette ko

Stazione termini - piazza dei cinquecento

Roma, piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, 28 dicembre 2025. Tra pochi giorni, il 6 gennaio, con la chiusura di tutte le Porte Sante, il Giubileo finirà ufficialmente. Ma qui i lavori fatti proprio in occasione dell’evento che ha portato nella Capitale milioni di pellegrini e turisti, non hanno avuto molta fortuna. Eppure è qui che la maggior parte dei turisti arriva. È questo il primo colpo d’occhio che ha della città.

Macchinette dei biglietti fuori usofioriere secchepavimentazioni già distrutte e infopoint fantasma: il bilancio della visita è impietoso e chiama direttamente in causa la Giunta Gualtieri. A dirlo non è un passante qualunque, ma Daniele Giannini, dirigente regionale della Lega ed ex presidente del Municipio Aurelio-Boccea, tornato davanti alla stazione Termini dopo sei mesi per verificare cosa fosse cambiato. La risposta è nel video che Giannini ha girato: nulla.

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Biglietti Atac: macchinette spente, entrate perse

“Siamo venuti a verificare che tutti i cantieri non finiti dall’epoca magari fossero andati avanti o si fosse posto rimedio”, esordisce Giannini. “Ho classificato l’area in vergogne da mettere sul podio e la vittoria spetta alle macchinette Atac che non funzionano. Non una, non due: tutte fuori servizio“. Migliaia di persone ogni giorno provano a comprare un biglietto e non possono farlo, perché si trovano davanti a display spenti. Una situazione identica a quella di sei mesi fa. Con una differenza: nel frattempo il Giubileo è finito. “Cosa ci dice l’assessore Patanè? Questo non può essere un danno erariale? Mancata entrata per l’Atac. E i vertici dell’Atac che fanno?”, chiede Giannini.

La “vergogna numero due” per Giannini è il verde pubblico, ridotto ormai a un ricordo. Fioriere secchepiante morteaiuole abbandonate. Alla stazione più importante d’Italia l’unico verde rimasto, ironizza Giannini, è quello dei semafori e dell’insegna della farmacia. Una cartolina poco edificante che chiama in causa l’assessora Sabrina Alfonsi e una gestione ambientale che, a Termini, sembra essersi fermata alla posa dei vasi. Poi il nulla.

Rendering contro realtà: il bosco promesso, la spianata reale

C’è poi il capitolo lavori pubblici. A piazza dei Cinquecento, il capolinea dei bus, la pavimentazione stradale rifatta da pochi mesi è già dissestata, spaccata, sollevata. Un biglietto da visita perfetto per una città che dovrebbe presentarsi al mondo con il vestito buono. Invece, spiega Giannini, si sgretola tutto. Un intervento recente che appare già vecchio. E che solleva un dubbio: com’è possibile che un’opera appena conclusa sia già da rifare?

Per non parlare dello spazio tra la fermata dei bus e l’entrata della stazione. Sui progetti doveva esserci quasi un bosco urbano. Nella realtà c’è una spianata di mattonelle, superfici grigie pronte a trasformarsi in una isola di calore non appena saliranno le temperature. Nessuna ombra, nessuna idea. Solo spazio vuoto e cemento. Altro che rigenerazione urbana.

Infopoint chiusi e alberi ridotti a stecchini

Il quadro si completa con i casotti-infopoint, pensati anche come punti vendita dei biglietti: chiusi, sbarrati, inutilizzati. E poi gli alberi, già segnalati in passato: secchi, ridotti a pali senza foglie, simbolo perfetto di una manutenzione mai partita. Tutto questo mentre il Giubileo è ormai in chiusura.

“Caro Gualtieri, con questo Giubileo ci hai provato, ma non ci sei riuscito”, conclude Giannini. “Cantieri ovunquealberi abbattutispianate grigie, lo sfregio al Mausoleo di Augusto. Ma a Termini il risultato è sotto gli occhi di tutti: opere incompiute, promesse rimandate, problemi identici a sei mesi fa. Il Giubileo è finito, i disagi restano”. E l’appuntamento, amaro, viene spostato al prossimo.

Il conto alla rovescia ora guarda al Giubileo del 2033. Che, guarda caso, è quello della Redenzione. Magari potrebbe essere l’occasione buona per espiare qualche peccato amministrativo. Nel frattempo, la Stazione Termini resta lì: biglietterie spente, verde morto, cantieri eterni. E una domanda che rimbalza tra le fioriere secche e le crepe dell’asfalto: davvero Roma può permettersi tutto questo?