Roma travolta dall’influenza: 6mila al Pronto Soccorso in 24 ore, 500 senza letto. E ora scatta l’allarme Capodanno
Roma e il Lazio stanno vivendo giorni da codice rosso: il picco di accessi ai pronto soccorso legati ai sintomi influenzali è esploso durante le feste. Il 27 dicembre si sono presentate 5.716 persone nei pronto soccorso del Lazio; nelle 24 ore successive gli accessi sono rimasti altissimi, 5.669, circa il 30% in più di una giornata “normale”. Gli ospedali più sotto pressione a Roma? Gemelli, Umberto I, Casilino, con reparti che faticano a reggere l’urto.
Ospedali in tilt: barelle, attese infinite e ambulanze ferme
Il dato che fa più paura non è solo quanta gente entra, ma quanta resta “bloccata” dentro. In una serata di piena emergenza risultavano 764 pazienti in attesa di ricovero su 2.491 presenti nei pronto soccorso. E soprattutto: 515 persone aspettavano un letto da oltre 24 ore. È il collo di bottiglia che manda tutto in crisi: se i letti non si liberano, le barelle si accumulano e le ambulanze restano fuori. Non a caso si è parlato di 54 ambulanze bloccate in attesa di consegnare i pazienti.
Perché succede proprio a Natale (e non è solo “sfortuna”)
Il calendario ha fatto il resto: giorni festivi attaccati al weekend, studi dei medici di base chiusi o ridotti, famiglie riunite tra cenoni e pranzi. Risultato: chi ha febbre alta o sintomi che spaventano salta il filtro della medicina territoriale e va dritto in ospedale, anche quando non sarebbe davvero necessario. In molte strutture, nei momenti più caldi, si sono viste attese lunghissime. Il punto è sempre lo stesso: quando la medicina territoriale si spegne, il pronto soccorso diventa l’unico “sportello” percepito come sempre aperto.
Influenza 2025: stagione intensa e virus “mischiati”
Non è un’influenza “qualunque”. La stagione è partita forte, con un’impennata di sindromi simil-influenzali già a dicembre. A complicare tutto c’è il “mix” di virus respiratori che circolano insieme: influenza, raffreddori aggressivi, e altri agenti che colpiscono soprattutto bambini e anziani. Per molte famiglie, distinguere tra un malessere gestibile a casa e un campanello d’allarme diventa difficile. E quando non c’è il pediatra o il medico, la scelta più immediata — anche se non sempre la migliore — resta l’ospedale.
Il nodo politico: una sanità che regge con lo scotch
Qui si entra nel punto che la politica tende a rimandare finché non scoppia l’emergenza: senza una rete territoriale forte, i pronto soccorso diventano il parcheggio di tutto. Un sistema che si affida alla buona volontà di medici e infermieri, ma che va in crisi appena arrivano cinque giorni consecutivi di chiusure e festività. Il tema non è solo “mancano i letti”: è che manca il filtro prima dell’ospedale. E quando la pressione sale, a pagare sono tutti: chi ha un’urgenza vera, chi aspetta ore, e chi lavora nei reparti come in trincea.
Cosa puoi fare (davvero) per non finire nel caos del PS
Se non è emergenza vera, evitare l’ospedale non è “fare un favore”: è proteggere te stesso e chi sta peggio. Prima di correre al pronto soccorso, prova i servizi di continuità assistenziale e gli ambulatori aperti anche nei festivi, dove presenti. Tieni d’occhio i segnali che richiedono davvero urgenza — difficoltà a respirare, confusione, peggioramento improvviso, disidratazione, febbre persistente nei fragili — e in quei casi non perdere tempo. Ma per tutto il resto, il messaggio è chiaro: se la medicina di base non riesce a reggere le feste, Roma rischia di arrivare a Capodanno con gli ospedali già al limite.