Roma, tumore non diagnosticato in tempo: casa di cura condannata a maxi risarcimento

Avrebbe potuto vivere 4 anni in più, ma Giuliano Salcito è deceduto nel 2016 per un tumore che presentava sintomi visibili da almeno 5 anni prima. Quei campanelli di allarme non sono stati visti o non si è dato seguito ad approfondimenti: è l’ennesimo caso di malasanità per una “mancata diagnosi” come ha stabilito il medico legale che hanno effettuato la perizia. La sentenza del Tribunale Civile di Roma, a 10 anni dal decesso, obbliga la Casa di Cura Mater Dei di Roma a risarcire i familiari con 670mila euro.
La storia
Era il 2011. Il paziente si è recato nella clinica privata per la rimozione di un’ernia inguinale bilaterale. Un intervento delicato che ha richiesto tutta una serie di accertamenti tra cui una tac addominale e una risonanza magnetica che rivelano un ispessimento dell’ultimo tratto dell’intestino e la formazione di un linfonodo. Secondo il consulente tecnico d’ufficio quelli erano i chiari sintomi di un tumore che sono stati ignorati. Ma i medici hanno proseguito con l’operazione senza approfondire quegli importanti campanelli di allarme.

I sintomi e la mancata diagnosi
Da un piccolo linfonodo si è sviluppato un tumore retroperitoneale inoperabile. La massa negli anni è continuata a crescere in modo lento e poco aggressivo, fino a presentare i sintomi più gravi nel 2015. Ma la diagnosi è arrivata troppo tardi ed il male incurabile non gli ha lasciato scampo. Giuliano Salcito è deceduto un anno dopo nel 2016.
La causa
Davanti a tanto dolore i familiari non si sono arresi ed hanno intrapreso il percorso legale rivolgendosi all’avvocato Bruno Sgromo. Nel 2018 è iniziato il processo in sede civile nei confronti della Casa di Cura Mater Dei di Roma. Salcito aveva delle patologie pregresse e tutti gli accertamenti svolti nel 2011 hanno lasciato intravedere che qualcosa non andava, anzi che una forma tumorale si stava sviluppando.
La perizia tecnica
Secondo il perito del Tribunale è evidente la responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria. Forse una diagnosi tempestiva, nel 2011, non avrebbe potuto garantire la salvezza ma orientativamente avrebbe potuto far sopravvivere Salcito 3-4 anni in più. Per una diagnosi tempestiva sarebbe bastato qualche accertamento medico in più.
La condanna
Il giudice ha quindi riconosciuto l’errore del medico della Casa di Cura obbligata a risarcire la famiglia. “Non è stata osservata nell’esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza esiginile da un medico”, queste le motivazioni alla base della condanna.