Roma, un fotovoltaico accanto al ‘potabilizzatore’ Acea del Tevere abortito: 12,2 milioni dei romani nel cestino

Il Campidoglio e Acea cambiano rotta, ma a spese di Roma e dei romani: lungo la via Flaminia, in località Grottarossa, non entrerà mai in funzione il discusso “potabilizzatore” del fiume Tevere. Ma accanto al ‘potabilizzatore‘ abortito, Acea installerà pannelli fotovoltaici. L’operazione è stata autorizzata da una determinazione del Comune di Roma che ha dato via libera al nuovo progetto. Una transizione “verde” che, sulla carta, promette energia elettrica pulita, ma che nella realtà lascia un conto amaro che dovranno pagare i romani: 12,2 milioni di euro di soldi pubblici (ossia dei cittadini), spesi per costruire il ‘potabilizzatore‘ Acea del Tevere, che non è però mai entrato in funzione, quindi si tratta in buona sostanza di soldi pubblici buttati nel cestino. Ma procediamo per gradi.
Il progetto fantasma per Roma: il fotovoltaico al posto del ‘potabilizzatore’ Acea del Tevere
Era stato presentato come il progetto del secolo, il ‘potabilizzatore’ Acea del fiume Tevere, nel 2018. Il ‘potabilizzatore’ è stato realizzato da Acea all’interno del sito del depuratore di Roma nord, a Grottarossa. Un impianto – così era stato presentato da Regione Lazio e Campidoglio alla stampa e ai cittadini – in grado di trasformare l’acqua torbida del Tevere in risorsa per i rubinetti dei romani.

Eravamo in piena era Zingaretti (Governatore della Regione Lazio) e Raggi (sindaco in Campidoglio). Acea ottenne (proprio da Regione Lazio e Comune di Roma) il via libera alla costruzione del maxi ‘potabilizzatore‘ Acea di Grottarossa.
Roma, dalle acque inquinate del Tevere ai rubinetti dei romani: buttati nel cestino 12,2 milioni di €
L’obiettivo del ‘potabilizzatore‘? Succhiare dal fiume Tevere inquinato 500 litri di acqua al secondo per poi depurarla e immetterla nell’a’intera rete cittadina di Roma e provincia, ossia di Acea Ato 2. Un’opera approvata da Regione Lazio e Comune di Roma, annunciata come la soluzione definitiva alla sete estiva della Capitale. Oggi resta solo un dossier archiviato. L’opera, difatti, è stata realizzata, i soldi pubblici sono stati ampiamente elargiti a chi l’ha realizzata. Ma il ‘potabilizzatore’ Acea non è mai entrato in funzione. Anche se non se ne conoscono i motivi. Nessuno, nè i politici nè tantomeno i dirigenti Acea, hanno pensato di rendere conto di quel progetto e di quella spesa ai cittadini. All’epoca, i giornalisti che sollevarono il problema vennero denunciati e perseguiti dal ‘sistema Giustizia’ per anni.
Il ribaltone del 2025: arriva il fotovoltaico Acea
Sette anni dopo, Roma si ritrova con un destino capovolto. Accanto al ‘potabilizzatore’, Acea ha chiesto – e ottenuto – di installare pannelli fotovoltaici in quella stessa area. La particella catastale (che il Nuovo 7 Colli ha verificato) parla chiaro. I pannelli sorgeranno proprio vicino al ‘potabilizzatore’ Acea del Tevere di Zingaretti e Raggi, poi abortito. Un cambio di rotta sancito dalla determinazione dirigenziale firmata lo scorso 12 settembre 2025 dal Comune di Roma. Il nuovo progetto è stato quindi approvato: addio acqua potabile dal Tevere, benvenuti pannelli solari.
12,2 milioni di euro dei romani i fumo: chi pagherà il conto?
Resta però un nodo cruciale: che fine hanno fatto i 12,2 milioni di euro spesi da Regione Lazio, Campidoglio e Acea per il potabilizzatore? Perchè nessuno è stato chiamato a rispondere di quel denaro pubblico? La parabola del potabilizzatore Tevere è l’emblema della gestione schizofrenica dell’acqua nella Capitale.
Mentre i cittadini continuano a fare i conti con rubinetti a secco, perdite colossali nella rete e razionamenti estivi, l’unico grande investimento pubblico degli ultimi anni per risolvere il problema della siccità è stato accantonato. Non una parola di scuse, non un’indagine interna, non una commissione per verificare eventuali responsabilità. Semplicemente, si è voltata pagina. Tra l’altro, in un silenzio stampa e social assordante.
L’alibi della transizione verde
Il nuovo progetto fotovoltaico viene presentato, da Campidoglio e Acea, come un passo verso la transizione ecologica. Acea potrà vantare un impianto “green”, con moduli abbassati di 50 centimetri per limitare l’impatto paesaggistico. Una scelta che, sulla carta, ha il sapore della sostenibilità.
Ma dietro il paravento verde resta l’ombra di un’occasione mancata e di soldi pubblici che non torneranno mai più indietro. Perché se è vero che il fotovoltaico è necessario, lo è altrettanto che il ‘potabilizzatore’ era stato pagato e annunciato come risolutivo per la crisi idrica.
La politica del silenzio
Nessuno, né in Regione né in Campidoglio né in Acea, sembra voler aprire bocca. L’era Zingaretti-Raggi aveva difeso il progetto, salvo poi abbandonarlo senza rendere conto ai cittadini. Oggi la giunta Gualtieri si limita a ratificare il nuovo piano, senza menzionare il passato. Un silenzio che alimenta la sensazione di un ennesimo spreco. La logica è sempre la stessa: cambiare etichetta, firmare nuove carte, sperando che l’opinione pubblica dimentichi in fretta.
Una città assetata
Intanto i romani continuano a vivere sulla propria pelle gli effetti di una rete idrica colabrodo, con perdite stimate al 44%. Ogni estate si ripete la stessa emergenza: cali di pressione, turni di distribuzione e autobotti nei quartieri più fragili. Il Tevere scorre a pochi metri, ma l’acqua del fiume non entrerà mai nei rubinetti cittadini. Rimarrà solo l’eco di un progetto abortito e dei milioni che ci sono scivolati dentro, come l’acqua tra le mani.

