Roma, vecchia maxi lottizzazione ‘spostata’ a Castel di Leva? Il Campidoglio “Condannato a pagare 6 milioni ai costruttori”

Roma, una maxi operazione urbanistica partita nel lontano 2003 sotto la Giunta guidata da Valter Veltroni rischia oggi di trasformarsi in un disastro economico per le casse comunali capitoline già gravate da circa 276 milioni di euro di debiti del passato, a cui si aggiungono i circa 70 milioni di ‘nuovi’ mutui e prestiti accumulati dalla Giunta Gualtieri negli ultimi mesi.
La maxi lottizzazione abortita di Veltroni crea danni alle casse di Roma
Il progetto di lottizzazione, formalmente definito come “compensazione urbanistica”, prevedeva la cessione gratuita di terreni da parte della società Parco Selvotta 1 S.r.l., in cambio del riconoscimento di diritti edificatori da parte del Comune, ossia nuovo cemento che il Comune di Roma sta pensando di ‘scaricare’ sull’area di Castel di Leva. Tuttavia, l’incapacità dell’amministrazione di individuare le “aree di atterraggio” – o per lo meno un accordo chiaro in tal senso – per quegli stessi diritti edificatori pari a circa 24mila metri cubi di nuovo cemento (l’equivalente di 114 appartamenti di medie dimensioni) ha portato alla completa paralisi del piano edile.

Il risultato? Una condanna esecutiva che obbliga oggi Roma Capitale al pagamento di 5.853.063,20 euro, oltre interessi e rivalutazione monetaria a partire dal 4 febbraio 2022, per quello che i giudici amministrativi hanno definito “indennità di esproprio”.
La sentenza e la condanna definitiva sulla lottizzazione di Roma abortita
La vicenda ha avuto il suo epilogo giuridico con due sentenze nette: la prima, del 5 marzo 2024 (n. 4432 del Tar Lazio), e la seconda, di conferma, del 13 novembre 2024 (n. 9121 del Consiglio di Stato). La società Parco Selvotta ha tentato di ottenere chiarimenti procedurali attraverso un ricorso presentato l’11 aprile 2025, ma il quadro giuridico è ormai chiaro, secondo i giudici del Tar. La somma deve essere corrisposta alla società Parco Selvotta 1, a fronte dell’acquisizione formale dei terreni, entro i prossimi sei mesi, vale a dire entro il 2025. Questo riporta anche la terza sentenza sul caso, pubblicata oggi 9 giugno.
Il pagamento dei quasi 6 milioni di euro dovrà avvenire contestualmente al trasferimento di proprietà delle aree in questione, secondo quanto stabilito dalla sentenza, che ha previsto anche la nomina di un Commissario ad acta, l’ingegnera Marialaura Tartaglia, incaricata di vigilare sull’adempimento. Per il Comune, il cemento in questione dovrebbe essere ‘scaricato‘ in zona Castel di Leva.
Una storia che affonda le radici nel 2003
All’origine dell’intera vicenda c’è la delibera del Consiglio Comunale n. 53/2003, con cui l’amministrazione capitolina dell’epoca tentò di attuare una compensazione urbanistica: “Tramite la quale – così scrivono i giudici in sentenza – Roma Capitale aveva ritenuto di riconoscere, in favore della ricorrente, taluni diritti edificatori verso la cessione gratuita in proprio favore di aree di proprietà di Parco Selvotta 1 S.r.l”. Tuttavia, per oltre vent’anni, il Comune non sarebbe riuscito a concretizzare le “aree di atterraggio” dove applicare quei diritti, lasciando i terreni in uno stato di limbo giuridico.
Alla fine, con la mancata attuazione del piano e in assenza di una controprestazione effettiva, è scattata la condanna per il Campidoglio. L’operazione, pensata come un “affare urbanistico”, è diventata un debito pubblico da quasi sei milioni di euro. Debito che si aggiungerà ai debiti pregressi.
Il nodo degli oneri consortili
Un ulteriore elemento di tensione si è manifestato con l’intervento del Consorzio Tormarancio, che ha cercato di far gravare su Roma Capitale anche i costi per l’attrezzaggio del Parco di Tor Marancia. Il Consorzio è quello che dovrà riqualificare al costo di circa 5 milioni i casali abbandonati presenti all’interno del parco pubblico omonimo. Tuttavia, il Tar ha dichiarato inammissibile l’intervento, giudicandolo irrituale perché fuori tempo massimo e, soprattutto, estraneo all’oggetto principale del giudizio.
La sentenza ha chiarito che eventuali controversie sugli oneri consortili o di urbanizzazione restano fuori dal perimetro dell’azione di ottemperanza, che ha per unico scopo quello di assicurare l’effettiva esecuzione del giudicato.
Un’eredità pesante per la Giunta Gualtieri
La decisione finale è arrivata il 4 giugno 2025, quando il Tar ha confermato i propri orientamenti: Roma dovrà pagare. La Giunta guidata da Roberto Gualtieri si trova così a dover far fronte a una sentenza che affonda le sue radici in un’epoca politica completamente diversa. Non solo: il Commissario ad acta ha ottenuto una proroga di 180 giorni per portare a termine l’operazione, inclusi il pagamento e il trasferimento della proprietà delle aree.
Il colpo è pesante, e si aggiunge a una lunga serie di spese straordinarie legate a contenziosi urbanistici accumulati negli anni. Un’eredità silenziosa, ma capace di mettere in ginocchio anche le amministrazioni più prudenti.
Il conto del passato
Il caso Parco Selvotta rappresenta un paradigma di come le strategie urbanistiche, quando mal gestite o lasciate a metà, possano generare debiti milionari per le amministrazioni successive. Un progetto nato per risparmiare risorse pubbliche e garantire sviluppo urbano finisce invece per appesantire i conti del Comune, aggravando la situazione finanziaria della città.
Ora, con la proroga concessa al Commissario e le direttive chiare dei giudici, il Comune ha pochi margini di manovra: dovrà pagare e chiudere una partita che dura da oltre vent’anni, lasciando ai cittadini romani il conto dell’urbanistica incompiuta.
