Roma, verranno processati ma tornano liberi i due manifestanti pro Pal arrestati dopo gli scontri

Roma, corteo a Roma, momenti di tensione

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Roma, si è chiuso con un inatteso colpo di scena giudiziario il fine settimana infuocato della capitale. I due manifestanti arrestati sabato scorso, durante i disordini seguiti al corteo nazionale pro Palestina, torneranno a casa senza misure cautelari. Le accuse restano pesanti — lesioni aggravate e resistenza a pubblico ufficiale per un 19enne; resistenza aggravata per un 39enne — ma il tribunale di Roma ha deciso di non imporre né obblighi di dimora né restrizioni alla libertà personale. Una decisione che, in queste ore, fa discutere ambienti politici e sindacali, con posizioni già polarizzate tra chi invoca “tolleranza zero” e chi denuncia “repressione preventiva”.

Roma, il tribunale dice no alle misure cautelari

La giornata a piazzale Clodio a Roma si è aperta presto, sotto un cielo plumbeo e un’atmosfera tesa. Due udienze, due aule diverse, stesso esito: libertà. Il giudice ha convalidato gli arresti, ma ha respinto le richieste dei pubblici ministeri, che volevano imporre ai due imputati l’obbligo di dimora nei rispettivi comuni di residenza.
Il 19enne, accusato di aver colpito un agente durante le cariche in via Merulana, sarà processato il 12 maggio. Per il 39enne, presunto responsabile del lancio di bottiglie e di una sedia contro le forze dell’ordine in via Santa Croce in Gerusalemme, il dibattimento è stato rinviato al 2 aprile. Entrambi restano formalmente imputati, ma per ora liberi.

Le richieste della Procura di Roma e il verdetto che divide

La Procura di Roma aveva puntato su misure restrittive per “prevenire ulteriori episodi di violenza” in vista di nuove manifestazioni pro Palestina previste nelle prossime settimane. Il giudice, però, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per limitare la libertà personale, sottolineando che gli episodi contestati, pur gravi, non giustificano una misura cautelare prima del processo. Una decisione che non solo alleggerisce la posizione dei due imputati, ma apre anche un precedente che potrebbe pesare sulle future strategie di gestione dell’ordine pubblico.

Solidarietà e tensione davanti al tribunale di Roma

Già dalle 9:30, una ventina di persone si sono radunate davanti all’ingresso del Tribunale di Roma. Bandiere palestinesi, cori e uno striscione con la scritta “Complici e solidali, liberi tutti”. Una presenza simbolica, ma significativa, che ha scandito la mattinata in un clima di calma vigile. Nessun incidente, solo applausi e qualche slogan al momento della notizia della liberazione.
Dietro quella bandiera, la galassia dei movimenti pro Palestina, centri sociali e collettivi studenteschi che chiedono la fine dell’“uso politico delle forze dell’ordine” e accusano il governo di voler “criminalizzare la protesta”.

Il fronte politico si accende

Nel pomeriggio, le reazioni non si sono fatte attendere. Dalla destra, parole dure contro una “giustizia troppo indulgente”. Alcuni esponenti hanno parlato di “segnale sbagliato” a chi scende in piazza con l’intenzione di provocare disordini. Dall’altra parte, associazioni e sindacati di base hanno salutato la decisione come “una vittoria della libertà di manifestazione”, sottolineando come “la piazza non può essere trasformata in un campo di battaglia”.
Roma si ritrova così, ancora una volta, a fare da specchio al conflitto tra diritto alla protesta e gestione dell’ordine pubblico, in un clima che si annuncia sempre più teso.

Roma in bilico tra protesta e repressione

Dietro l’episodio giudiziario, resta la questione più ampia: la gestione delle piazze in un periodo in cui il tema palestinese incendia il dibattito internazionale. Le manifestazioni si moltiplicano, le tensioni crescono, e la capitale è ormai un laboratorio fragile di convivenza politica e sociale.
La scelta del giudice di non applicare misure cautelari suona come un messaggio preciso: non ogni protesta deve essere trattata come una minaccia all’ordine pubblico. Ma per le forze dell’ordine, stanche e spesso lasciate sole a gestire cortei sempre più infiammati, la decisione rischia di suonare come un disarmo.

Verso i prossimi processi

Il vero banco di prova sarà nei prossimi mesi, con le udienze fissate per aprile e maggio. Sarà allora che le accuse verranno valutate nel merito, e si capirà se gli episodi contestati sono frutto di una degenerazione spontanea o di una volontà organizzata di scontro. Intanto, i due imputati tornano liberi, accolti dall’abbraccio dei loro compagni e dal plauso di una parte del movimento.
Roma, intanto, continua a oscillare tra rabbia e solidarietà, tra manganelli e slogan. Un equilibrio precario, che il tribunale oggi ha scelto di mantenere sul filo della libertà.