Roma-Viterbo, partono i cantieri del raddoppio: 186 milioni, tre stazioni chiuse e pendolari costretti ai bus sostitutivi

È tutto pronto per l’avvio di uno dei cantieri ferroviari più attesi del Lazio. Lunedì, infatti, iniziano ufficialmente i lavori per il raddoppio della linea Roma-Viterbo, nel tratto extraurbano tra Riano e Morlupo, finanziati con 186 milioni di euro provenienti da fondi regionali, ministeriali e co-finanziamenti FSC. Un progetto strategico per la mobilità del quadrante nord della Capitale, che però si porta dietro incognite, ritardi cronici, mancanza di treni e disagi per migliaia di pendolari, a partire dalla chiusura delle stazioni di Sacrofano, Riano e Castelnuovo di Porto fino al 31 dicembre 2026. E, forse, anche oltre.
L’intervento prevede 5 km di raddoppio effettivo, da Riano a Morlupo con il tratto Montebello-Riano predisposto, ma non completato a doppio binario. Una scelta che per i pendolari desta più di un dubbio, considerando che già nel 2012 erano stanziati 60 milioni di euro per il raddoppio completo dell’extraurbano ed oggi, per metà opera, si spendono quasi tre volte tanto. Il taglio del nastro avverrà presso la stazione di Castelnuovo di Porto, alla presenza dell’assessore regionale ai trasporti Fabrizio Ghera.

Per tutta la durata del cantiere, almeno 18 mesi, la linea ferroviaria resterà interrotta tra Montebello e Morlupo. Gli utenti della linea extraurbana dovranno affidarsi a un servizio di bus sostitutivi gestito da Cotral, con tempi di percorrenza più lunghi, carenza di corse nelle ore di punta e rischio congestione sulla Tiberina e sulla Flaminia. “Temiamo che molti utenti rinuncino al treno per tornare all’auto privata. Un salto indietro di 15 anni” denuncia il comitato pendolari ferrovia Roma Nord. A nulla sembrano serviti gli appelli per un servizio sostitutivo più efficiente o una comunicazione più chiara ai cittadini. Da lunedì, inoltre, entrerà in vigore un orario d’emergenza ridotto anche sul tratto urbano (Flaminio-Montebello), aggravando una situazione già difficile. A pesare sul servizio non c’è solo il cantiere.
Da inizio 2025 si contano oltre 5mila corse soppresse, dovute in gran parte al parco mezzi ridotto all’osso: dei 22 treni a disposizione, solo 6 o 7 risultano realmente funzionanti, spesso in condizioni precarie. I convogli Firema, in particolare, sono diventati un simbolo del degrado: bollenti d’estate, freddi d’inverno, arrugginiti, graffitati e senza aria condizionata, con milioni di chilometri sulle spalle. “I treni sono vecchi, sporchi e inaffidabili. Non possiamo pensare di ammodernare la linea e lasciare i mezzi in queste condizioni” lamentano i passeggeri. La grande incognita riguarda proprio i nuovi convogli, già finanziati dalla precedente amministrazione, ma ancora non consegnati né testati.
Il rischio concreto è che, una volta terminato il raddoppio, si torni a viaggiare sugli stessi rottami su rotaia di oggi. Intanto, la situazione si complica anche sul fronte industriale: i lavoratori Firema-Titagarh hanno protestato a Roma, preoccupati per la tenuta delle commesse e per il futuro del polo ferroviario italiano. Tra le proposte avanzate dai pendolari c’era quella di inserire tecnologia intelligente a bordo dei treni e nelle stazioni: sensori per misurare affluenza, ritardi, temperatura, stato delle vetture; algoritmi per segnalare problemi in tempo reale agli utenti tramite app o display informativi. Una soluzione “low cost” già illustrata alla Regione, che però non è mai stata presa in considerazione. “Abbiamo una linea vecchia e disastrosa, ma l’innovazione resta nel cassetto” è l’amaro commento dei promotori.
L’impatto dei cantieri, per i pendolari “sarà devastante” soprattutto da settembre, con la riapertura delle scuole e il ritorno a pieno regime del traffico pendolare. A peggiorare lo scenario, le condizioni critiche dei parcheggi di scambio, delle stazioni intermedie e l’assenza di alternative ferroviarie efficienti. E tutto questo mentre Roma continua ad accogliere milioni di pellegrini per il Giubileo 2025, con l’asse nord della Capitale che rischia il collasso.