Sagra del Porcino con i soldi pubblici: quando la patria si celebra… con i funghi dell’Est
Altro che “difesa del made in Italy”. A Lariano, ai Castelli Romani, la patria si difenderebbe a colpi di fondi pubblici, presunte amicizie e, pare, funghi importati. È qui che il Ministero dell’Agricoltura guidato da Francesco Lollobrigida avrebbe finanziato, senza gara d’appalto, un padiglione da 120mila euro per la sagra del fungo porcino. Il tutto nel nome della promozione dell’italianità. Peccato che, come rivela Report nella sua puntata d’apertura, quella di ieri sera, quei funghi – gli stessi esposti con tanto orgoglio patriottico – potrebbero arrivare non dai boschi dei Castelli ma da qualche foresta dell’Est Europa. Insomma: “Difendiamo il made in Italy, importando”. Un paradosso perfetto.
Il ministero finanzia, la festa incassa (ma il pubblico non c’è)
Il titolo della trasmissione è inequivocabile. “Festa del fungo porcino di Lariano: 120mila euro per un padiglione poco frequentato”. Eppure il ministero ha installato un grande stand “istituzionale” con corsi, degustazioni e qualche comizio travestito da iniziativa culturale. Costo: diecimila euro al giorno. Ma, ad andarci, pochissime persone. Secondo l’inchiesta di Report, il vero punto però non è la folla mancata, ma chi avrebbe beneficiato di quei fondi.
A riceverli sarebbe stata una società appena nata, formalmente intestata a una ex barista di Lariano, Giulia C., e al marito, Emilio F., pubblicitario noto sui social per auto di lusso, vacanze e un certo gusto per l’esibizione. Un profilo curioso per gestire un appalto pubblico ministeriale, anche perché la “sede” dell’azienda non è un ufficio, ma lo studio di un commercialista di Velletri, che ammette: “È solo un domicilio fiscale”.
Chi ha scelto la società “fantasma”?
E qui arriva il nodo politico. A spiegare come mai proprio quella società sia stata “prescelta” ci pensa Marco A., detto Markino DJ, figlio del presidente dell’Associazione Fungo Porcino e segretario dell’assessore regionale al Bilancio e all’Agricoltura, Giancarlo Righini (Fratelli d’Italia). “Li abbiamo indicati noi, è la nostra società di riferimento”, ammette l’uomo. Righini, dal canto suo, minimizza: “Marco A. è un mio collaboratore, ma io non so nulla di questa vicenda. Mi auguro sia stato rispettato tutto l’iter”. In pratica, tutto regolare, parola di partito.
Anche il ministro Lollobrigida non ci vede nulla di strano. “È un’iniziativa compatibile con il piano di comunicazione del ministero. L’amministrazione segue le sue procedure”. Tutto chiaro. I cittadini pagano, qualcuno incassa e i porcini diventano ambasciatori del made in Italy. Peccato che, come fa notare Andrea Tornago, autore del servizio su Report, “Il 90% dei porcini venduti e cucinati a Lariano viene importato, principalmente dai Paesi dell’Est. E sono pure funghi selvatici, non coltivati. Perché mai dovrebbe occuparsene il Ministero dell’Agricoltura?”. Già, perché?