Sanità nel Lazio, tra gli slogan di Rocca e la realtà dei cittadini: liste di attesa anche di un anno e mezzo

Altro che modello Lazio, altro che traguardi raggiunti. A due anni dall’insediamento della giunta Rocca, il presidente, intervistato da Il Giornale, snocciola dati e proclami: «Tutti gli indicatori migliorano, le liste d’attesa si accorciano, il ministero della Salute ci cita come esempio virtuoso». Eppure, fuori dalle stanze ovattate dei palazzi regionali, la sanità pubblica resta un percorso a ostacoli, fatto di attese infinite, visite “gratuite” che diventano salate e pazienti costretti a scegliere tra curarsi o fare la spesa.
Francesco Rocca parla di accentramento nel ReCUP e monitoraggio come chiavi del successo. Ma la verità è che dietro il “miracolo” sanitario sbandierato dalla Regione si nasconde l’ennesimo gioco di prestigio politico.

Prestazioni gratuite? Solo per chi arriva primo (e in tempo)
Secondo il presidente, il Lazio ha anticipato il decreto nazionale sulle liste d’attesa. Nella realtà, però, le analisi e le visite gratuite sono un miraggio. Lo spiega bene Matteo Saullo, titolare di un centro analisi privato: «Ogni struttura convenzionata ha un budget regionale. Quando finisce, e succede puntualmente ogni estate, le prestazioni diventano a carico del paziente». Il risultato? O paghi, o aspetti mesi.
E chi finisce in lista d’attesa nel pubblico, spesso è costretto a rinunciare del tutto. Perché tra l’attesa per una risonanza e il bisogno urgente di una diagnosi, il tempo gioca contro. Ma per Rocca, è tutto sotto controllo.
Le testimonianze dei cittadini
«Ho fatto 4 chiamate al Cup per vedere se si liberava qualcosa», racconta Daniela, 47 anni, reduce da un tumore e costretta a costanti controlli. «Devo fare un controllo OCT per un sospetto glaucoma all’occhio sinistro e mi hanno risposto che la prima disponibilità è a gennaio 2026, la seconda ad aprile 2026. L’operatrice mi ha detto che, da quando si prenota con l’impegnativa, non si trova più niente».
È andata ancora peggio a Salvatore, 87 anni. Necessita di una visita urgente dal reumatologo, ma la prima disponibilità – se vuole essere controllato nella stessa struttura, la Asl di Casal Bertone – che lo ha attualmente in cura, è per novembre del 2026. Altrimenti se ne parla un po’ prima. Ad agosto, sempre del 2026. L’alternativa è pagare l’intramoenia. Ma lui è un pensionato con la minima sociale e non se lo può permettere, anche perché deve fare altre visite.
E peggio ancora per Antonio, 79 anni, che necessita della terapia del dolore: le liste sono chiuse. E quindi non sa quando potrà usufruire del servizio. Per poter alleviare i suoi dolori dovrà mettere mano al portafogli. E i dolori saranno altri,
E come le loro, di storie ce ne sono a centinaia. Attese infinite. Che, a partire da agosto, diventeranno ancora più lunghe, perché finiranno i plafond stanziati dalla Regione e destinati alle strutture private convenzionate. Quindi i laboratori privati inizieranno a centellinare le prestazioni “con la mutua”. E a rispondere agli utenti che sì, c’è posto. Ma solo a pagamento. Perché la Regione non paga, ha finito i soldi.
Liste d’attesa e cure impossibili: la sanità che esclude
Il paradosso è servito: la Regione dice di puntare sulla sanità di prossimità, ma intanto i cittadini sono ancora costretti ad assaltare i pronto soccorso, trasformati nell’ultima spiaggia per chi non ha alternative. Le Case di Comunità? Progetto sulla carta. L’assistenza domiciliare? Una promessa. Nel frattempo, i medici di base sono sempre meno, oberati e in fuga.
E così, a chi tocca scegliere se mangiare o curarsi, non resta che indignarsi. Perché se vuoi una visita specialistica e sei finito nel periodo in cui i fondi sono finiti, ti ritrovi davanti a un bivio indecente: spendere centinaia di euro o mettere a rischio la tua salute.
Un Expo (costata 1,800 milioni), una vetrina e un po’ di propaganda
Nel frattempo, Rocca incassa applausi all’Expo di Osaka, costata, lo ricordiamo, 1 milione e 800 mila euro dei cittadini. Soldi che hanno scatenato l’ira di molti, in particolar modo dell’ex assessore alla Sanità e attuale consigliere di Azione Alessio D’Amato, che ha parlato di una «vacanza mascherata» per le 60 persone della delegazione regionale.
Rocca esulta, dicendo che ha Osaka è stato «Un successo, abbiamo portato il Cristo di Michelangelo dal Viterbese». E va bene. Ma mentre il governatore si pavoneggia all’estero, a Roma la gente si prende a testate con il CUP, litiga con la burocrazia, si aggrappa alle promesse di un sistema sanitario sempre più simile a un’illusione da campagna elettorale.
Riforma dei medici di famiglia, nuove assunzioni, decentralizzazione dei servizi: sono parole. Belle, forse sincere. Ma intanto la realtà è un’altra. E non basta un’intervista su “Il Giornale” per cambiare quello che ogni cittadino vive sulla propria pelle.
Altro che “due anni fantastici”. Il vero giudizio, presidente Rocca, lo danno i pazienti. E non votano alle urne, ma in fila davanti allo sportello prenotazioni, con la tessera sanitaria in mano e una montagna di frustrazione addosso.