Saviano che fa la vittima non si regge davvero più. Va dove vuole, pontifica su tutto (nessuno lo contesta ovviamente) e si mette pure a frignare: “Il governo vuole il mio scalpo”. Manitu’. Fanfaronate a raffica.
Il che, detto a Torino, proprio in quel Salone del Libro dove i suoi focosi ammiratori puntavano alla testa del ministro Eugenia Roccella, fa un po’ imbestialire. Perché il ministro non lo hanno fatto proprio parlare, ma questo non lo dice lo scrittore più permaloso del globo.
Saviano fa la vittima
Eppure dovrebbe esserci un limite a tutto. No, Saviano, vittima immaginaria, si dipinge da solo. E si fa spalleggiare dal solito Massimo Giannini, il direttore ultrà de La Stampa, un altro che vede nemici ovunque.
E dice, per rincuorare lo scrittore disperato, che Saviano finirà come Fabio Fazio: “Hanno atteso per rinnovargli il contratto, lo hanno logorato, gli hanno fatto capire che non era gradito e alla fine lui se n’è andato. Anche se non ha fatto polemica, è stata un’epurazione”. C’era una canzone degli Amici del Vento che intonavamo da giovani: “Trama nera, trama nera, sol con te si fa carriera”. È tornata di moda.
Insomma, un piano diabolico per non fare più parlare Saviano. Basterebbe parlare senza dire sciocchezze, per la verità. Ma in quel caso perderebbe la sua ragion d’essere.
“Trama nera, trama nera…”
Saviano non ha paura e senza timore di passare per ridicolo annuncia che “la mia resistenza passa soprattutto da Instagram, dove spesso mi unisco ad altri, come Michela Murgia, per contrastare certa propaganda sull’invasione dei migranti o sulla famiglia tradizionale”.
Insomma, un partigiano del terzo millennio. Alle montagne preferisce la rete…
Si lamenta delle querele e non sa che quelle temerarie le ricevono anche “quelli di destra”. Un giorno racconterò anche io della Boldrini, dell’Anpi e di Berizzi, uno appresso all’altro: un modo per intimidire chi si sottrae al politicamente corrette. Per quelli come Saviano va bene così, invece…