Scuola, è già sciopero. Governo in ritardo: ma in sei mesi che ha fatto?

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Ripartita da poco, è già sciopero della scuola. Ad indirlo nelle giornate del 24 e 25 settembre i sindacati, confermando così la due giorni di stop delle lezioni. Mancanze, incertezze, ritardi, assenza di risorse e di docenti tutti problemi della scuola che i sindacati di categoria denunciano da tempo. Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, saranno in piazza sabato 26 settembre per la manifestazione “Priorità a scuola”. Una manifestazione che non è uno sciopero, precisa con forza Maddalena Gissi, segretaria della Cisl Scuola tanto che si svolgerà nel pomeriggio a partire dalle 15 nello stretto rispetto di tutte le norme di distanziamento vigenti. Ma gli altri sindacati la pensano diversamente.

Scuola, ben sette le regioni che non hanno aperto

In Italia sono 8.094 le istituzioni scolastiche, di cui 5.410 di primo ciclo. Sono 40.749 sedi scolastiche, di cui 35.410 di primo ciclo. Per il personale scolastico sono circa 1.070.000 di posti suddivisi in 850.000 docenti e 220.000 Ata. In sette regioni le lezioni riprendono dopo la data ufficiale del 14 settembre: Friuli (il 16), Sardegna (il 22), Puglia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria (il 24). E dove la scuola è ripresa il 14 settembre non sono mancate difficoltà, come nel Lazio dove un terzo delle scuole sono chiuse e in Sicilia sono chiuse le scuole del primo ciclo. Incertezze, criticità, ritardi e mancanze sono state denunciate dai sindacati della scuola in una serie di slides, presentate durante una videoconferenza.

C’è persino il problema della mascherine troppo grandi

Tra i tantissimi problemi anche quello, inaspettato, delle mascherine troppo grandi. Le mascherine infatti fanno boccheggiare il personale scolastico. I pacchi contenenti i dispositivi di sicurezza del commissario straordinario Arcuri arrivati alle scuole “sono spesso troppo grandi. Le mascherine vanno divise e questo rappresenta un ulteriore aggravio di lavoro per il personale scolastico”. Lo dice Mario Rusconi, dell’Associazione nazionale presidi del Lazio che denuncia: “Ci sono istituti che hanno avuto enormi difficoltà nella distribuzione ai ragazzi”.

Didattica a distanza difficilissima

Problemi anche sulla didattica a distanza, la cosiddetta dad. Il ritorno in classe non c’è stato per tutti perchè la campanella non sempre ha suonato in modalità dad. Ci sono infatti ragazzi che sulla base di turnazioni stabilite dalla scuola sono restati a casa ma che non hanno potuto seguire le lezioni on line perché i collegamenti non erano ancora organizzati. Il risultato? Classi spezzate nella tanto attesa settimana del rientro in cui i gruppi dei più fortunati sono tornati in aula dopo il lockdown, mentre la categoria dei più sfortunati è rimasta a casa senza alcun collegamento con la classe. Con un’eccezione: i casi in cui o in modalità fai da te gli insegnanti più intraprendenti hanno arrangiato connessioni dell’ultima ora o la dad era già funzionante.

La scuola deve funzionare “in presenza”

“Premesso che a noi la dad non piace e che la accettiamo solo in situazioni emergenziali, siamo preoccupati: ci sono parecchie segnalazioni a macchia di leopardo tra i vari istituti sul mancato funzionamento della dad in questi giorni di ripresa scolastica. Il che vale a dire che interi gruppi di ragazzi sono restati a casa a fare niente. Stiamo monitorando e siamo pronti a riferire i casi agli uffici regionali”, denuncia Antonio Affinita, direttore generale Moige, Movimento genitori. “E’ ancora presto per fornire numeri – prosegue – ma l’ombra della dad, che è una modalità didattica puramente emergenziale, è una preoccupazione che sta prendendo forma. Un adolescente deve essere sostenuto in presenza, non è in grado di reagire in modo fruttuoso a un modello educativo a distanza, tanto più se zoppicante. I presidi e i genitori stanno facendo il possibile in una situazione straordinaria. Si trovino le soluzioni alternative subito”.