Scuola, la Regione Lazio perentoria: “In caso di contagi, chiuderemo gli istituti”

d'amato scuola

Scuola, la Regione Lazio smentisce l’Istituto superiore di Sanità. “La Germania ha chiuso già la scuola a un mese dalla riapertura? Temo che toccherà anche a noi. Dovremmo abituarci, almeno per quest’anno, a un simile scenario. Appena si verificheranno casi di positività i plessi verranno chiusi”. Così in un’intervista sul Corriere della Sera Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio. “Dopo la chiusura dell’istituto scatterà la quarantena e si riattiverà la didattica a distanza in attesa della sanificazione. Saremo pronti, con l’ausilio delle Unità speciali di continuità assistenziale regionale a fare tamponi, ad intervenire in modo mirato e tempestivo per circoscrivere eventuali cluster”.

Parte in salita il testo sulla scuola

Ma è in salita l’avvio per il test agli operatori della scuola da parte del medico di famiglia, previsti da oggi e fino al 7 settembre. “Noi siamo pronti, ma ci sono delle difficoltà di partenza che non dipendono dai medici. Purtroppo in diverse regioni ci segnalano che i kit non sono ancora disponibili”, spiega all’Adnkronos Salute Domenico Crisarà, vice segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg). Si tratta di un intoppo “comprensibile in questa situazione di emergenza. Useremo dunque questi primi giorni per prendere appuntamenti: speriamo tutto si risolva nelle prossime ore”, aggiunge Crisarà.

La macchina organizzativa regionale non funziona

Che invita, però, a migliorare la macchina organizzativa. “Come medici di famiglia Fimmg – aggiunge Crisarà – abbiamo ritenuto doveroso dare il nostro apporto per la ripartenza della scuola in sicurezza e in presenza. Ma è importante anche poter contare su una organizzazione efficace. Ovviamente a partire dalla distribuzione dei test: molti colleghi hanno cominciato a chiederli alle strutture di riferimento venerdì senza trovarli. Sarebbe poi utile, nelle zone più disagiate, fare arrivare i kit direttamente ai medici”. Ora come ora, infatti, “siamo noi a dover ritirare il materiale, ma fare 120 km per il ritiro – come può accadere – si trasforma in uno spreco di tempo sottratto ai pazienti. Si potrebbe pensare di far arrivare i kit ai colleghi attraverso la Protezione civile o la Croce rossa”.

Dettagli che possono fare la differenza

La macchina organizzativa, continua Crisarà, “ha necessità di essere ottimizzata. Al momento ci sono dettagli da regolare che, però, possono fare la differenza”. Un piccolo esempio. Il kit, che permette di avere una risposta in 7 minuti con l’analisi del sangue prelevato dal dito, è fatto da pochi pezzi. La saponetta (il supporto per l’analisi), il reagente, il capillare (una pipetta che estrae il sangue dal dito), il pungidito. “In alcuni casi – spiega il rappresentante sindacale – questa mattina non erano disponibili i capillari. Una stupidaggine, ma questo non permette di partire con i test”. L’organizzazione delle Regioni, dice Crisarà, “non è stata proprio perfetta”, conclude.