Sei sgomberi anche a Roma, dopo Milano e Torino: ecco la lista delle priorità del Ministero dell’Interno
A Roma il tema sgomberi è tornato prepotentemente d’attualità, ma ridurlo a un singolo edificio sarebbe fuorviante. Il Viminale parla di un’azione complessiva su “realtà analoghe”, mentre in Prefettura si prepara un nuovo passaggio istituzionale: martedì è previsto un Comitato dedicato alle liberazioni degli stabili occupati. Il punto, però, è che la Capitale si muove su un crinale complicato: sicurezza, emergenza abitativa, gestione dell’ordine pubblico e contenziosi legali si intrecciano in ogni singolo caso.
Dal governo segnali diversi: “sgombero quanto prima” o via della regolarizzazione?
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è tornato a dire che alcune operazioni “potrebbero avvenire quanto prima”, dopo averlo già ripetuto nei mesi scorsi. In parallelo, anche il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha indicato una linea di principio: su occupazioni e centri politici, il metro dovrebbe essere lo stesso. Ma nel governo convivono anche sfumature differenti: il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ad esempio, ha evocato l’ipotesi che un allineamento a “criteri di legalità” possa evitare lo scontro frontale. Traduzione: non solo ruspe, anche trattative.
Il precedente Askatasuna e il caso Leoncavallo: effetto domino sulle occupazioni
Il dibattito si è riacceso dopo l’operazione della Questura di Torino per liberare i locali occupati da Askatasuna. Prima ancora, lo sgombero del Leoncavallo a Milano aveva spinto diversi esponenti a invocare un approccio uniforme. Ma proprio quei precedenti mostrano la complessità: spesso un’uscita “fisica” da uno spazio si accompagna a soluzioni alternative, trasferimenti o accordi con le amministrazioni locali. Ed è qui che scatta la polemica politica: per alcuni si tratta di pragmatismo, per altri di “sanatoria mascherata”.
La lista della Prefettura: prima ex Fiorucci e Bufalotta, poi gli altri
Nel dossier della Prefettura di Roma gli interventi non si decidono solo in base alla visibilità mediatica, ma soprattutto in base a criteri operativi: quante persone vivono nello stabile, quali rischi per l’ordine pubblico, e se esistono o meno soluzioni abitative alternative. Non a caso, davanti a edifici che ospitano nuclei numerosi la macchina spesso rallenta: senza un piano di ricollocazione, lo sgombero può trasformarsi in emergenza sociale. Per questo, nel Comitato di martedì, l’attenzione punterà prima su ex Fiorucci e Bufalotta.
Via Napoleone III e Spin Time: due simboli diversi dentro lo stesso problema
Tra gli stabili inseriti in elenco c’è anche l’edificio di via Napoleone III (Esquilino), occupato dal 2003 e di proprietà del Demanio: nella lista risulta sesto, non in cima. È un dato che conta, perché ridimensiona l’idea di una priorità automatica. Subito dietro, compare Spin Time a San Giovanni, che nel tempo è diventato anche un polo culturale. Due casi diversissimi per storia e identità, ma accomunati da una domanda che istituzioni e politica continuano a rimandare: quando un’occupazione diventa solo ordine pubblico e quando, invece, diventa anche welfare e città?
I nodi legali e i costi: condanne, Corte dei Conti e responsabilità amministrative
Oltre alla politica, pesa la dimensione giudiziaria-amministrativa. Per via Napoleone III, due anni fa dieci attivisti sono stati condannati a due anni e due mesi per l’occupazione; la Corte dei Conti ha quantificato in 4,6 milioni di euro i mancati introiti per il Demanio, legati al mancato affitto dell’immobile, e ha chiamato in causa anche dirigenti pubblici per omessa disponibilità e mancata riscossione dei canoni. È un promemoria per tutti: la partita non riguarda solo “chi sta dentro”, ma anche come lo Stato tutela (o non tutela) i propri beni.