Sgomberi a Roma, stop di Natale: ma dopo la Befana scatta la stretta su CasaPound e Spin Time
A Roma, come ogni anno, scatta la “tregua di Natale” sugli sgomberi: le operazioni per liberare gli edifici occupati vengono sospese nella Capitale e in provincia. Una pausa che, di fatto, congela una partita politica enorme: oltre sessanta occupazioni e migliaia di persone coinvolte, spesso senza alternative abitative. Ma la tregua non significa resa: è solo un congelamento. Il messaggio che filtra è chiaro: dopo la Befana, il dossier torna sul tavolo.
CasaPound: 22 anni di occupazione e una polemica che non si spegne
Il caso simbolo resta quello di via Napoleone III, all’Esquilino: il quartier generale di CasaPound, che si avvicina ai 22 anni di occupazione. Qui vivono circa cinquanta persone: donne, minori, ma anche attivisti. Proprio questa presenza stabile rende tutto più complicato e più “politico”: non è come altri sgomberi in cui, all’arrivo delle forze dell’ordine, dentro non c’era quasi nessuno. E così ogni governo si ritrova la stessa grana, tra accuse di tolleranza e richieste di legalità.
Piantedosi accelera: “Intervento quanto prima”
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervenendo più volte negli ultimi mesi, ha ribadito che un’azione “risolutiva” potrebbe arrivare “quanto prima”. Un modo per segnare la linea: lo Stato non può accettare occupazioni permanenti, soprattutto nel cuore della città. Piantedosi rivendica anche un passaggio chiave: quando era prefetto di Roma, quel palazzo sarebbe stato inserito tra gli stabili da liberare. Tradotto: la tregua natalizia finisce, e il tema rischia di tornare bollente già a gennaio.
Spin Time e il nodo sociale: sgomberare senza lasciare la gente per strada
Nella lista degli immobili da liberare, CasaPound è tra le posizioni più alte e precede un’altra occupazione storica, ma di segno opposto: Spin Time, a San Giovanni. Qui il punto è ancora più evidente: parliamo di famiglie, migranti, immigrati e italiani che vivono lì perché non hanno casa. E la politica lo sa: sgomberare, senza offrire una soluzione, non è solo difficile. È un boomerang sociale e un rischio di ordine pubblico. Per questo si va verso un censimento completo degli ospiti: capire chi c’è davvero, prima di muovere un passo.
Il governo diviso: legalità dura o “regolarizzazione”?
Nemmeno nella maggioranza le idee coincidono. C’è chi spinge per lo sgombero “senza se e senza ma”, sostenendo che la regola debba valere per tutti. E c’è chi lascia aperta un’altra strada: se una realtà “si allinea a criteri di legalità”, allora si può discutere di un’uscita meno traumatica. Sullo sfondo c’è un tema che brucia: l’accusa di “doppiopesismo” dopo casi discussi in altre città. Il sospetto, tra opposizioni e opinione pubblica, è sempre lo stesso: chi viene trattato con severità e chi con i guanti.
Dopo la Befana, la resa dei conti: cosa può succedere davvero
La verità è che la tregua natalizia è solo una parentesi. Dopo la Befana, Prefettura e Viminale dovranno scegliere: sgombero, accordo, o una soluzione graduale che eviti tensioni e nuove emergenze abitative. CasaPound, intanto, fa sapere che non intende arretrare senza “pari trattamento” rispetto ad altre realtà. Spin Time resta un caso sociale prima ancora che politico. E Roma, ancora una volta, si ritrova davanti alla stessa domanda: far rispettare la legalità, sì — ma con quale piano per non trasformare un’operazione di forza in un problema più grande?