“Siamo deportati”: gli inquilini sgomberati da Corso Italia ad Anzio ‘trasferiti’ a 230 chilometri di distanza


Una battaglia durata mesi non è servita a dare la garanzia di una sistemazione dignitosa agli inquilini dei 14 immobili di Corso Italia ad Anzio oggetto di uno sgombero di Carabinieri, Polizia Locale e agenti di Polizia che si sono presentati in assetto antisommossa.
A nulla sono servite le rassicurazioni del Sindaco Aurelio Lo Fazio e dell’Assessore ai Servizi Sociali Rita Pollastrini per trovare una soluzione in continuità con la quotidianità degli inquilini.

Il 26 giugno scorso, le famiglie che vivevano al civico 36/B di Corso Italia, sono state raggiunte da un provvedimento di sgombero su ordinanza del Questore di Roma. Per loro è iniziato un dramma e oggi, al contrario di quanto promesso, si trovano a 230 chilometri di distanza da Anzio.

Isolati, soli e abbandonati. In seguito allo sgombero forzato dell’immobile, le famiglie sono state trasferite nel Comune di Curti in provincia di Caserta in Campania, in una struttura a Castel Volturno, lontano da ogni riferimento della vita quotidiana.

La famiglie: “Raccontate quello che ci stanno facendo”

“Questa misura, presentata come “temporanea”, ha prodotto effetti devastanti: interruzione scolastica, perdita dei legami familiari e lavorativi, isolamento sociale, impedimento a partecipare alla vita di prima – scrivono gli inquilini in una lettera – Ci chiediamo: Perché non sono state trovate soluzioni più vicine, almeno nel territorio comunale o regionale? Perché non è stato possibile un confronto o una comunicazione preventiva? Chi ha deciso una misura così estrema, e con quali criteri?”

Un prima il Sindaco di Anzio Aurelio Lo Fazio aveva ricevuto i rappresentanti dell’Associazione Inquilini, che chiedevano una soluzione e un ricollocamento per le famiglie che vivono una situazione di fragilità. Dal canto suo il primo cittadino aveva ribadito l’impossibilità di intervenire sul decreto di sequestro preventivo, ma aveva assicurato che i servizi sociali sono da tempo al lavoro per garantire adeguata assistenza alle fragilità.

Oggi invece si parla di deportazione. “Questo non è un trasferimento: è una dislocazione forzata, una deportazione sociale moderna, che colpisce chi già viveva in condizione di fragilità – continuano i cittadini nella lettera- Rivolgiamo un appello alla stampa locale e nazionale: raccontate cosa sta accadendo a queste famiglie. Non possiamo essere trattati come numeri da spostare a piacimento, senza alcun rispetto per la nostra dignità e i nostri diritti di essere umani”.

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