Sinistra muta per le minacce di morte da Parma alla Meloni

Ricapitolando: diluvio di dichiarazioni per Firenze, silenzio invece per chi a Parma vorrebbe ammazzare Giorgia Meloni. È l’Italia che confonde quattro sganassoni con le minacce di morte alla presidente del Consiglio.

È evidente che i fatti di Firenze si sarebbero dovuti evitare, anche se abbiamo la sensazione che non ce l’abbiano raccontata tutta. Perché qualche vocina uscita dalla questura Toscana fa sapere che le botte che abbiamo visto in rete per non molti secondi – per fortuna – siano state “determinate” dal rifiuto di volantini da buttare in cestino. Di qui il fallo di reazione, che fallo resta.

Parma, quelle minacce alla Meloni

Ma c’è una coincidenza glaciale. Mentre da sinistra si urlava all’aggressione fascista con richieste alla Meloni di bacchettare chi ha alzato le mani – come se ci possa essere qualche dubbio sul posizionamento della premier contro la violenza – tutti zitti per ben altro.

Ovvero le minacce di morte alla presidente del Consiglio, approfittando del Carnevale. La bella pensata è venuta in mente ad un centro sociale di Parma – Art Lab – che non ha trovato di meglio che allestire una volgarissima cena con delitto con al centro la Meloni.

Il segnale è evidentemente pessimo, mischiato in singolare coincidenza con la “battaglia” per Alfredo Cospito e contro il 41bis. Teppisti ancora più pericolosi perché devastano le città nel nome del loro “ideale”.

Ma a sinistra il silenzio è d’obbligo

Di fronte a tutto questo è vergognoso il silenzio della sinistra. Per carità a Firenze chi ha menato ha sbagliato. Ma una parolina sugli auguri di morte alla premier no? Sulla locandina del centro sociale di Parma c’era scritto “delitto Meloni”, con la spiritosaggine cialtronesca. “Non c’è stato alcun delitto Meloni”. “Ah peccato”.

Li chiamano centri sociali, istigano mettendo in scena quella robaccia. Ma a sinistra hanno bisogno di questi figuri, che campano con odio e occupazioni illegali. Sono semplicemente delinquenti che andrebbero puniti. O almeno condannati con la bontà della parola. Manco quella. Curioso, no?