Sarà l’età, ma è difficile scordare il tempo in cui la sinistra amava lo sciopero. Le immagini ogni tanto riportano al blocco totale di ogni attività, i compagni godevano.
Adesso c’è solo il partito da aiutare, il governo da sostenere a prescindere e ci si avvita nel tentativo di non sostenere la protesta di chi vorrebbe dire la sua senza rimetterci lo stipendio che gli è dovuto.
Ora la sinistra contro lo sciopero
Lo scrivo proprio perché secondo me l’Italia ha fatto bene a vaccinarsi. Mario Draghi ha voluto pure il green pass e come tanti altri milioni di connazionali me lo sono scaricato pure io.
Ma c’è un limite su cui interrogarsi è un dovere. Lo strumento adottato non può arrivare a prevedere la fame per chi rivendica libertà di scelta. Io liberamente ho scelto di vaccinarmi, altri no: e questo incide sul diritto al lavoro, alla retribuzione, a campare?
Ancora non trovo risposte improntate ad equità sociale e soprattutto da quella sinistra che dovrebbe considerare il lavoro intoccabile.
Invece il Covid-19 ha demolito anche quella certezza. Lo sciopero è visto dalla sinistra come un tabù…
Ovvero: l’astensione dal lavoro che colpiva l’economia era sacrosanta. Quella che rifiuta il green pass è dannata.
Quelle parole d’ordine
Lavarsi le mani. Indossare la mascherina. Distanziarsi di un metro. Queste erano le parole d’ordine. Poi ci hanno negato il ristorante e il bar. E poi la discoteca e lo stadio. A seguire tanto altro ancora.
Perché adesso l’unica cosa veramente obbligatoria è il green pass – e non dappertutto, vedi i mezzi pubblici e i treni regionali – nei posti di lavoro? Che fine hanno fatto le prescrizioni del Cts in ufficio nei tempi più bui della pandemia? Quei protocolli tanto reclamizzati non vanno improvvisamente più bene?
Unica consolazione: se stavolta dicono la verità col 90% dei vaccinati finirà anche questa sceneggiata dello stipendio tagliato. Ma solo averla pensata dà la misura di che razza di classe dirigente abbiamo.