Sobrietà anche a Palazzo Chigi: la Meloni si libera degli arredamenti voluti da D’Alema

palazzo chigi interni

Mario Draghi, prima di lasciare palazzo Chigi, è riuscito a mandare in soffitta definitivamente il Berlusconi style della sala stampa (dalla riproduzione di colonne con capitelli corinzi agli stucchi bianchi con gli specchi). E Giorgia Meloni ha deciso di cambiare gli arredi del suo ufficio da premier al primo piano voluti dal governo D’Alema nel ’99. Per ora, a quanto apprende l’Adnkronos, la leader di via della Scrofa avrebbe rifatto il look al Salotto giallo e alla cosiddetta Anticamera del presidente, che si affacciano sull’esterno (nell’angolo tra via del Corso e piazza Colonna) e sono attigue alla Galleria Deti, da sempre adibita a studio del presidente del Consiglio. In nome di una scelta estetica più minimal-funzionale e forse di una maggiore sobrietà, il presidente di Fratelli d’Italia ha pensato di togliere tende, drappi e parati giallo oro damascati.

Meloni: sobrietà parola d’ordine

Al loro posto pareti imbiancate con boiserie in grigio e faretti incassati, quasi a scomparsa. Il restyling, per quanto possibile, raccontano, ha riguardato anche la stessa Galleria Deti (ovvero la stanza dove i capi di governo negli anni hanno avuto la loro scrivania). Per ricchezza di stucchi, dorature, pitture, fregi e cornici, rappresenta una delle maggiori preziosità del palazzo seicentesco. ”Abbiamo dato una rinfrescata, abbiamo fatto un minimo, un po’ di sobrietà che non guasta, è in linea con i tempi”. Lo ha commentato Meloni in una intervista in tv seduta nella sua stanza a Palazzo Chigi, dove ha portato la personale collezione di penne e la statuetta che raffigura un angelo, da cui non si separa mai.

Lo studio del premier è al piano nobile dell’edificio

Lo studio riservato al premier, al piano nobile dell’edificio, è l’ultima sala dell’originario appartamento Aldobrandini Deti. Ma è completamente diversa dall’Anticamera e dal Salotto Giallo sia nella struttura architettonica che nella decorazione. La volta, ricca di dorature, è affrescata da Flaminio Allegrini con soggetti biblici che rappresentano il peccato e la redenzione del genere umano. Al centro del soffitto tre scene della Genesi: il Peccato originale, la Creazione di Eva e la Cacciata dal Paradiso Terrestre. Ovunque ricorre il motivo araldico del cardinal Deti, la luna falcata, che agli angoli inquadra il rastrello e le stelle degli Aldobrandini. La Galleria Deti si affaccia sull’esterno con la loggetta all’angolo tra via del Corso e piazza Colonna.

L’attentato Zaniboni del 1925 contro Mussolini

La loggetta, ribattezza la Prua d’Italia, divenne famosa soprattutto per le numerose dimostrazioni di protesta. A cominciare dalle manifestazioni per Trento e Trieste. Nel 1925, poi, le finestre del balcone furono l’obiettivo del fallito attentato di Tito Zaniboni all’allora ministro degli Esteri Benito Mussolini, che fino al 1931 aveva avuto il suo studio proprio in questa ala del palazzo. Nel Salotto giallo, con soffitto a travi di legno e fregio che corre intorno alle pareti dove vengono celebrate le imprese di Giovanni Francesco Aldobrandini, il premier accoglie gli ospiti e le delegazioni al seguito per i colloqui. L’ultimo restyling a palazzo Chigi risale al 2002: allora Silvio Berlusconi cambiò radicalmente la struttura della sala stampa, ricavata dalle scuderie dei principi Chigi, affidando la ristrutturazione al suo architetto di fiducia Mario Catalano.

Cambio di arredamenti tra Berlusconi e Prodi

Applicarono stucchi bianchi, riprodussero colonne con capitelli corinzi, installarono una illuminazione ad hoc per la migliore riuscita video delle riprese. Anche lo sfondo cambiò: venne messo un dipinto di Andrea Pozzo che rappresentava l’Europa. Stile Casa Bianca, poi, venne introdotto, sempre come sfondo, il logo della presidenza del Consiglio. Lo stemma venne poi spostato sul tavolo degli oratori e sul leggio per le dichiarazioni in piedi. Nel 2006 Romano Prodi, alla sua seconda esperienza governativa, cambiò il logo presidenziale, considerato troppo barocco, sostituendo l’ovale con il tricolore del drappo ondulato, firma grafica del nuovo esecutivo ulivista e alle sue spalle preferì tenere un semplice sfondo azzurro.

Monti, Letta, Renzi e Gentiloni lasciarono gli arredi di Prodi

Tornato nuovamente alla presidenza, Berlusconi cambiò lo sfondo, prima cosa che saltava all’occhio durante le conferenze stampa. Il Cav scelse un capolavoro settecentesco, La verità svelata dal Tempo, di Giambattista Tiepolo. “Le tv la inquadrano durante le conferenze stampa, le immagini vanno in tutto il mondo, ci vuole una bella opera d’arte”, disse. La scelta non piacque a Mario Monti che, nel 2011, fece togliere il dipinto sostituendolo, ancora una volta, con un sobrio sfondo azzurro. Da allora, più nulla: Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni non apportarono nessun cambiamento agli arredi. Giuseppe Conte ci pensò, il suo progetto di ristrutturazione della sala stampa, immaginata come una casa di vetro hi-tech ripreso da Draghi ma i lavori ora che c’è il governo Meloni non continuano…