Stati generali grillini, il M5S si spacca. Out Casaleggio, e rispunta il divieto ‘anti Raggi’ al doppio mandato

La maratona oratoria degli Stati generali del Movimento 5 Stelle di questo weekend rischia di essere un pericoloso boomerang. E di mettere in risalto dolorose fratture che ormai sembrano insanabili all’interno della creatura politica ideata da Beppe Grillo. Che infatti per ora resta rigorosamente in silenzio. A differenza del premier Conte, che invece porterà il suo saluto ‘telematico’. Visto che ovviamente tutta la convention si svolgerà da remoto. In linea con la passione grillina per le consultazioni in rete, ma anche con le esigenze di sicurezza dettate dal covid. Assente anche Casaleggio, che però ha fatto pervenire un messaggio fortemente critico sulla conduzione dei lavori. Non ci sarò, il pensiero espresso dal fondatore della piattaforma Rousseau. Perché se ci sono delle regole di ingaggio, allora vanno rispettate. Una polemica neppure troppo velata, che vede come obiettivo i 30 nomi dei dirigenti chiamati a parlare.

Agli Stati generali grillini assente Casaleggio. E i dissidenti vanno all’attacco, parlano sempre gli stessi

Parleranno tutti i ministri o ex ministri, fa notare più di un dissidente sulla rete. E non sono state messe sulla piattaforma online le preferenze ottenute dai delegati nelle assemblee territoriali. Da parte sua, il capo politico Rocco Crimi si difende, assicurando la piena trasparenza di tutte le procedure adottate per designare i partecipanti e gli oratori di questi Stati generali. E replicando che tutti i numeri verranno forniti appena sarà costituito l’ufficio di presidenza. Insomma, riti da Prima Repubblica in salsa telematica. E per bagnare le polveri a Di Battista, rispunta il no alle alleanze e il limite del doppio mandato. In un tutti contro tutti che non promette  nulla di buono.

Di Maio rilancerà il limite del doppio mandato e il no alle alleanze. Ma sembra più un modo per isolare Di Battista e la Raggi

Di Maio dovrebbe rilanciare il no al superamento del doppio mandato. Un tema che sta diventando molto ingombrante per il M5S, specie per quanto riguarda Roma. E la volontà della Raggi di correre di nuovo per la poltrona di sindaco. Una scelta che renderebbe difficilissima una convergenza con il PD, e che molti militanti contestano. Insieme ai cinque dissidenti del Campidoglio, guidati dal presidente della commissione mobilità Enrico Stefano. E ad alcuni presidenti di Municipio come Monica Lozzi, approdata per protesta al movimento fondato da Paragone. Ma ora ci potrebbe essere una clamorosa retromarcia. Da vedere se con la deroga per Roma o meno. E rispunta anche il no alle alleanze. Alle prossime politiche correremo da soli, sembra essere la posizione ufficiale dei vertici del partito. Così le due grandi battaglie di Di Battista verrebbero di fatto accolte. Un modo per ‘spuntargli’ le armi, osservano i più critici. Ma anche per ricucire con l’ala romana più governista del Movimento, da Fico alla Taverna. E forse per mettere la stessa Raggi con le spalle al muro.

Di Maio, per Roma serve una ‘grande coalizione’. E così scarica Raggi e Calenda

Piattaforma Rosseau solo come ‘server’, sedi territoriali e gestione collegiale. Così i grillini diventeranno un partito come gli altri

La fase rivoluzionaria all’interno dei Cinque Stelle sembra essere finita da un bel pezzo. E allora in molti vorrebbero un immediato ridimensionamento del ruolo della piattaforma ‘Rosseau’. Da declassare a un semplice strumento di servizio. Dove lanciare sondaggi di opinione, o poco più. Ma togliendo al giovane Casaleggio ogni velleità di condizionare politicamente il Movimento. E allora la replica del figlio del fondatore della famosa ‘piattaforma’ grillina non si è fatta attendere. Noi spendiamo poco più di un milione di euro all’anno per finanziarci, ha ricordato Casaleggio. Circa un decimo di Lega e PD, e tutto questo grazie alle iniziative in rete. Punti di vista certo, ma i nuovi ‘potenti’ pentastellati ormai sembrano non più disposti a farsi mettere il sale sulla coda. O a farsi contare da qualcuno che poi magari non si controlla. Ultima chicca, la gestione del partito. Sarà collegiale, per dare spazio a tutte le anime che lo compongono. Una volta si chiamavano correnti, ma sicuramente così suona meglio. E la Prima Repubblica in salsa grillina 4.0 è servita.

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