Strage sfiorata a Castel Gandolfo e Albano: chi è l’uomo arrestato per gli incendi

Un uomo di 34 anni, cittadino egiziano regolarmente residente in Italia e già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato con l’accusa di strage politica e incendio pluriaggravato, dopo due gravi incendi dolosi avvenuti nelle notti del 9 e del 24 febbraio 2025 a Castel Gandolfo e Albano Laziale.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati, dal ROS – Reparto Anticrimine di Roma e dagli agenti della DIGOS della Questura di Roma, su mandato del GIP del Tribunale di Velletri, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Secondo quanto emerso dalle indagini, l’uomo sarebbe gravemente indiziato di aver agito con pianificazione e finalità politiche, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Per questa ragione, gli viene contestato l’articolo 285 del Codice Penale, che prevede l’ergastolo per i reati di strage a sfondo politico.
Il primo incendio nella caserma dei Carabinieri di Castel Gandolfo
La notte del 9 febbraio, approfittando della presenza di impalcature su un edificio adiacente alla caserma, l’attentatore si è introdotto furtivamente nel cortile posteriore della Compagnia dei Carabinieri di Castel Gandolfo. Una volta sul posto, ha collocato una striscia di tessuto imbevuta di liquido infiammabile sotto alcune auto di servizio, appiccando il fuoco.
L’intervento tempestivo del militare di guardia e di altri carabinieri presenti ha evitato il peggio: utilizzando estintori, le fiamme sono state contenute, e i danni si sono limitati agli pneumatici posteriori di due veicoli. Tuttavia, l’atto avrebbe potuto causare conseguenze ben più gravi, vista la presenza di numerose auto parcheggiate sotto una tettoia e la vicinanza con un distributore di carburante.
Altri incendi: 17 auto distrutte e danni agli edifici nella notte ad Albano
Solo due settimane dopo, nella notte del 24 febbraio, un uomo completamente travisato si è introdotto all’interno del piazzale del Commissariato di Polizia di Albano Laziale, scavalcando una recinzione alta oltre cinque metri posta sul retro dell’edificio. L’attentatore ha appiccato un incendio che ha coinvolto ben 17 auto di servizio, alcune delle quali completamente distrutte, provocando danni strutturali gravi sia alla sede del Commissariato che a un immobile privato attiguo.
Le fiamme si sono sviluppate con estrema rapidità, non lasciando alcun margine di intervento agli agenti presenti. L’incendio è stato domato solo grazie all’intervento di cinque squadre dei Vigili del Fuoco.
Le indagini congiunte
Le indagini sono state avviate immediatamente dopo ciascun episodio: per il primo, dall’Arma dei Carabinieri; per il secondo, dalla DIGOS capitolina. I due eventi sono stati presto collegati grazie alla vicinanza temporale, al bersaglio simile, al modus operandi e alla zona geografica comune, facendo scattare una collaborazione tra i reparti operativi sin dalle prime fasi.
L’inchiesta ha preso forma attraverso l’analisi delle immagini di videosorveglianza dei due presidi e delle telecamere presenti nelle aree circostanti, accompagnata da attività tecniche e raccolta di informazioni sul territorio. Gli inquirenti hanno visionato numerose ore di riprese, scoprendo che entrambi gli attentati erano stati preceduti da accurati sopralluoghi condotti dalla stessa persona, intenti a studiare l’ambiente e pianificare la fuga.
Durante la ricostruzione dei movimenti dell’attentatore nella notte dell’attacco ad Albano, sono emerse caratteristiche somatiche e dettagli dell’abbigliamento. Le immagini hanno inoltre permesso di individuare l’abitazione in cui l’uomo era rientrato dopo il fatto, dove pochi giorni prima i residenti avevano denunciato un forte odore di benzina proveniente dallo stabile.
Conferme tecniche e nuovi indizi
Le indagini hanno poi rivelato che pochi giorni prima dei fatti, un Carabiniere in servizio presso la Compagnia di Castel Gandolfo aveva già notato l’indagato per un comportamento sospetto nei pressi della struttura. Un fatto ulteriormente aggravato da un nuovo sopralluogo effettuato il 15 marzo presso la Stazione Carabinieri di Albano Laziale, ritenuto un possibile segnale di un imminente terzo attacco, forse sventato grazie al rafforzamento delle misure di sicurezza.
Una comparazione tecnica condotta dal RIS dei Carabinieri di Roma ha confermato la compatibilità fisica tra l’indagato e l’attentatore ripreso dalle videocamere, in particolare in relazione all’altezza. Contestualmente, la Polizia Scientifica sta analizzando una bottiglia con liquido sospetto trovata vicino al Commissariato di Albano, in cerca di tracce biologiche o impronte.
Durante una perquisizione delegata dall’Autorità Giudiziaria ed effettuata il 22 maggio congiuntamente da Carabinieri e Polizia di Stato, sono stati sequestrati uno zaino, alcuni indumenti e un telefono cellulare appartenenti al sospettato, ritenuti compatibili con quelli utilizzati nei due attentati.
Il movente: rancore personale contro le forze dell’ordine locali
Secondo quanto emerso dalle indagini, il presunto attentatore sarebbe stato mosso da un profondo rancore personale verso le forze dell’ordine del territorio, maturato in seguito a vicende private non meglio precisate.
Al termine delle formalità, l’indagato è stato condotto presso la Casa Circondariale di Velletri, dove resta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.