Stupro a Tor Tre Teste: il gambiano: “Mi ero fatto il crack e non ricordo”. Aveva ottenuto asilo per motivi umanitari

Anzio

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Si era fumato il crack, che aveva acquistato poco prima al Quarticciolo, perciò non ricorda nulla dell’aggressione, la rapina e lo stupro di una donna di 60 anni all’alba di domenica scorsa nel parco di Tor Tre Teste. Un’atrocità rimessa in atto poco prima di essere arrestato e la seconda vittima è stata un’altra donna di 44 anni.

L’interrogatorio

Alla fine Sheikh Hydara, gambiano di 26 anni, è finito in manette ma neanche ha tentato la fuga. Continuava la sua routine di pendolare tra Nettuno e Anzio (dove risiedeva) e le piazze di spaccio della Capitale. Da martedì è detenuto a Regina Coeli e ieri il 26enne si è trovato faccia a faccia con il giudice per le indagini preliminari e il pubblico ministero per l’interrogatorio di garanzia.

Accanto a lui l’avvocato difensore Ilaria Narducci che racconta che il suo assistito è stato fin da subito collaborativo con i magistrati.

Il racconto

Ma la collaborazione di Hydara serve a poco, nel suo racconto ci sono dei buchi: quando i giudici gli chiedono dell’aggressione, lui risponde “Non ricordo, avevo fumato il crack”. Quanto dichiarato, però, collima perfettamente con quanto ricostruito fin ora dai Carabinieri che hanno concluso l’indagine in tempi rapidissimi, garantendolo alla giustizia in soli tre giorni. Ma la rapidità degli inquirenti non è bastata a salvare un’altra donna dalla brutalità del 26enne, che ora in carcere si nasconde dietro il volto di un immigrato apparentemente ben integrato, una persona mansueta, un lavoratore affidabile.

La seconda violenza

Poche ore prima dell’arresto l’indagato avrebbe messo a segno un’altra violenza su una donna di 44 anni in via Prenestina. Lei stava aspettando l’autobus, lui probabilmente “fatto” di nuovo di crack, lui l’ha afferrata e trascinata in un vicolo abusando di lei su un cumulo di rifiuti.

Hydara, sotto effetto di stupefacenti, non ricorda nulla di quel momento, al contrario delle vittime che porteranno per sempre i segni di quella violenza e ricordano bene il suo volto tanto da riconoscerlo ed indicarlo con certezza come l’autore degli stupri.

Le testimonianze delle vittime

Sono proprio le loro testimonianze, così dettagliate, a costituire la solidità dell’accusa, alle quali il 26enne non riesce a fornire una versione alternativa perché ricorda solo di aver assunto la droga acquistata poco prima per poche decine di euro al Quarticciolo, nel quadrante est della Capitale.

Aveva l’asilo per motivi politici

L’indagato vive in Italia da quasi 10 anni ed aveva un lavoro regolare. Dopo aver richiesto asilo per motivi umanitari, un anno fa aveva ottenuto il permesso di soggiorno grazie al contratto da muratore. Secondi i giudici, però, l’uomo non ha una dimora stabile e quindi c’è il concreto rischio che possa fuggire, per questo motivo deve restare in carcere.

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