Taglio dell’Iva sul pet food: dal 2026 il cibo di cani e gatti potrebbe costare molto meno

animali domestici

Il Governo valuta un intervento che potrebbe cambiare in modo significativo la spesa quotidiana di chi vive con un animale: la riduzione dell’Iva sul pet food a partire dal 2026. Una misura che, se approvata, porterebbe gli alimenti per cani e gatti fuori dall’aliquota ordinaria del 22% per collocarli tra i beni essenziali, con un impatto concreto sui bilanci familiari.

Iva dal 22% al 4% o al 10% per il pet food: la proposta

Il cuore della misura è chiaro: abbassare drasticamente l’imposta sugli alimenti per animali, in particolare su quelli dietetici e terapeutici, prodotti che oggi rappresentano una spesa obbligatoria per tutte le famiglie con animali che necessitano di cure specifiche.

Il piano prevede due possibili scenari:

  • Aliquota al 4%, equiparata a quella dei farmaci essenziali
  • Aliquota al 10%, riservata ai beni considerati di prima necessità

Una scelta che nasce da un dato sociale evidente: in Italia vivono oltre 12 milioni di cani e gatti, ormai parte integrante del nucleo familiare. E mantenere un animale ha un costo sempre più significativo. Una recente analisi Nomisma lo quantifica in circa 900 euro l’anno, cifra che include cibo, cure veterinarie e spese essenziali.

Gli emendamenti presentati puntano proprio a questo: riconoscere il valore affettivo e sociale degli animali d’affezione. E soprattutto, sostenere economicamente quelle famiglie che devono far fronte a patologie croniche, allergie alimentari o diete specifiche prescritte dal veterinario.

Un risparmio reale: fino a 600 euro annui per famiglia

L’impatto della misura non sarebbe simbolico. Secondo le stime avanzate dal Partito Animalista Italiano, l’abbassamento al 4% dell’aliquota Iva produrrebbe un beneficio medio di 600 euro all’anno per ogni famiglia che acquista alimenti specifici per il proprio animale. Una cifra tutt’altro che marginale in un periodo in cui il costo della vita continua a crescere.

Il taglio dell’Iva avrebbe un effetto positivo anche sui rifugi e sulle associazioni che si occupano di animali abbandonati, realtà che spesso sopravvivono grazie a donazioni private e che affrontano costi sempre più alti per l’alimentazione.

Negli emendamenti presentati è previsto inoltre un fondo da 10 milioni di euro nel 2026 destinato alle famiglie a basso reddito per sostenere le spese veterinarie degli animali d’affezione: un intervento pensato per evitare che problemi economici diventino causa di rinunce dolorose o, nei casi peggiori, di abbandono.

Il percorso della misura e il nodo delle coperture

La proposta gode di un consenso trasversale, almeno sul piano dei principi. Ma per diventare realtà dovrà superare il passaggio cruciale nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, per poi approdare in Aula.

L’ostacolo principale resta il più prevedibile: le coperture finanziarie. Una riduzione così ampia dell’Iva comporta inevitabilmente una perdita di gettito, e la Manovra dovrà individuare risorse sufficienti a compensarla per evitare di bloccare l’intervento sul nascere.

Se il provvedimento supererà questo scoglio, il taglio dell’Iva rappresenterà un riconoscimento ufficiale di quanto gli animali siano diventati parte stabile della vita familiare. E soprattutto, un sostegno concreto a chi gestisce ogni giorno le necessità di un animale con problemi di salute o esigenze alimentari particolari.